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Come Pierrot

- Poesie -

Rachele Zaza Padula
 

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Pierrot

L’unico mio impegno sia
schermare le ferite dell’anima.
Sarò come Pierrot
che piange e ride,
con la faccia dimezzata.
 


Prigioniera

Non voglio cambiare
l’ordine delle cose nella mia casa.
Mi rassicura il vaso di Caltagirone
che ne fa la guardia,
è un re riccioluto forse il Barbarossa.
I quadri sistemati nell’ampia cucina:
Gesù che entra a Gerusalemme in festa
il pane e la frutta nel canestro
una coppia di briganti al chiaro di luna.
La televisione che mi lega al mondo
la mia scrivania coperta di carte
di appunti di storie abbozzate
e il computer l’amico-nemico
delle mie invenzioni.
Tutto mi è caro di nostalgie lontane
e ogni angolo parla. Così mi fingo
una vita ancora da vivere.
La mia è una dolce prigionia.
 


Dal medico

Il mio medico,
un signore di mezz’età
dallo sguardo arguto,
giorni or sono m’ha detto:
“Il suo cuore
si stava addormentando
siamo corsi al riparo
appena in tempo.
Assuma queste pillole
bla… bla… bla.”
Non era meglio, invece,
farlo addormentare
e regalargli la pace
che da tanto insegue.
Ora ha ripreso il ritmo,
talvolta pulsa all’impazzata
e io a stargli dietro
a contare i battiti
sul polso infreddolito.
E se interrompessi la cura?
 


Primavera 2022

Questa primavera anomala
porta ancora
inverno e giorni brevi di luce.
In passato un lieve tepore
annunziava il risveglio
e la terra lenta si scioglieva;
oggi invece la neve
la stupisce e sconvolge.
S’è rotto il ritmo delle stagioni
e le rondini hanno smarrito
la via del ritorno.
 


Il giocoliere

Sul palco il giocoliere
con estrema abilità
lancia in alto gli anelli
li afferra in discesa
li rilancia li riprende
fino a quando
li raccoglie multicolori
nella mano callosa.
I segni del mestiere.
Mi assomiglio a lui
lancio e afferro le parole
le coloro
le stringo prigioniere
le libero in alto
… poi le avvolgo sul foglio
come in una mano.
 


Lo swing

È tornato da Torino
per le feste pasquali
il nipote amato.
Mi allietano le sue speranze.
Vedendomi instabile nel camminare
mi ha chiesto:
“Nonna, che succede, barcolli?”
“Che dici mai? Ballo
sulle note di Glenn Miller,
il re dello swing
e dei miei sogni di ragazza.
Incantò la mia generazione
che piano si apriva al mondo
nel primo dopoguerra.”
Canio ha accolto la (mia) bugia
con il sorriso negli occhi.
 


L’universo

Miliardi di anni ci dividono
dalla nascita dell’universo
che continua a dilatarsi.
Quattordici secondo calcoli estremi.
E l’uomo pur con strumenti odierni
affinati e potenti è riuscito a scoprirne
solo una piccolissima parte.
Il cinque per cento secondo calcoli estremi.
Tutto il resto particelle oscure.
Ha portato l’ansia della sua ricerca
nell’abisso dei mari, nel deserto
dove s’insabbia il malefico scorpione
nel Salvador tra le aeree mangrovie
in Norvegia tra i fiordi uncinati, sulla luna,
verso Marte, il rosso fratello della terra.
Dovunque, senza mai fermarsi.
E ancora corre verso l’ignoto.
 


Il grillo smeraldo

Un grillo smeraldo
sotto il cappuccio rugoso
di un fungo marrone
si ripara dalla pioggia
che cade insistente
fino al brontolio dell’ultimo tuono.
Il sole s’apre un esile varco
tra due nubi gugliate
e splende a lame d’oro
tra i rami e le piante.
Un’ultima goccia scivola
dal tetto del fungo e diventa
perla d’argento al riflesso dei raggi.
Cri.cri.cri il grillo smeraldo
riprende il suo canto,
esce dal nascondiglio
e s’immerge nel verde.
Per noi è difficile tornare alla vita
dopo un temporale impetuoso
che ne scompiglia le fila.
Cri.cri.cri
crak.
 


Le Nereidi

Le nereidi avvolte da polvere d’oro
accorrono vaghe di mito e di leggenda
e vedono corpi gonfi d’acqua e di morte
adagiarsi tra le alghe nel silenzio
surreale del fondo del mare.
Su di essi i vestiti dai cento colori
si poggiano lenti a coprirli.
Una giovane donna con il bimbo al seno
una fanciulla smarrita fluttuante in lontananza
e tutti, tanti, con la pelle scura
di ogni età con i sogni tra le mani.
Un triste canto echeggia tra le onde
e commuove gli animali d’argento, le piante
gli anemoni, i coralli, le meduse trasparenti.
“Supremo Nettuno, signore delle verdi acque
e delle rocce, intervieni possente, non permettere
le reiterate infauste stragi d’innocenti
che profanano la sacralità del tuo mare;
allontana il male, spezza la violenza
annienta i barbari, il loro ardire, disperdili.
Incapaci di conversione e di misericordia
sono mercanti d’anime avidi di denaro.
Ascolta benevolo il nostro pianto desolato,
non vogliamo più morti senza nome.”
La voce di Nettuno tuona poderosa
“Nulla possiamo contro i potenti della terra,
forse Scilla e Cariddi, i mostri dello stretto,
un giorno sorgeranno dagli antri muschiosi
e con le fauci rabbiose di preda e di vittoria
vendicheranno i martiri di questa barbarie.
Le pietose Nereidi, sciolte le fluenti chiome,
riprendono il loro mesto lamento doloroso
e s’allontanano cavalcando i tritoni antichi.
 


Un alunno di Lagopesole

Non si univa ai giochi
dei compagni.
Seduto in disparte li seguiva
con sguardo di resa.
Un mattino, era marzo,
mi rincorse e mi diede
un mazzetto di giunchiglie
gialle e bianche,
ancora bagnate di rugiada.
Le aveva colte prima dell’alba
lungo la strada
che lo portava a scuola.
Camminava a fatica
per via degli scarponi pesanti
che lo inchiodavano al fango.

 


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