Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"

 

 

Presentazione:
On. Prof. Giampaolo D'Andrea
Collaborazioni Introduzione:
Basilicata 'terra che non ha confini'
i   l u c a n i   i n   C i l e   ( p a r t e   I°) - Maria Schirone

Basilicata, ‘terra che non ha confini’

Il  cammino dei lucani alla ricerca di terre che offrissero prospettive per una vita dignitosa ha reso la Basilicata davvero come nei versi di Parrella: una “terra che non ha confini”. Ha condotto i nostri corregionali in località anche lontanissime nel mondo, non sempre più ricche, ma ovunque le applicazioni ingegnose e creative consentissero di sfruttarne le opportunità.

Come negli aridi e assolati deserti del tropico cileno.

Oggi, che andiamo riannodando le fila di quell’altra Basilicata che è fuori dai confini amministrativi, si avverte l’esigenza di capire in maniera documentata dove, perché, in che modo i lucani hanno saputo offrire il proprio contributo fino in lande desolate, un tempo invivibili e oggi mete di un turismo esotico, snodi di un fiorente mercato in espansione.

Il progetto è ambizioso ma possibile: definire e collocare, in un quadro connesso alla complessiva vicenda italiana dell’emigrazione, un altro tassello della storia della Basilicata, di quella che dal secolo scorso ha fatto disperdere i lucani ai quattro angoli del pianeta.

Relativamente al Cile, la prospettiva della ricerca si presenta particolarmente ricca e stimolante. Dai dati dell’anagrafe dei residenti all’estero, forniti dai comuni della Basilicata, risultano partiti verso il Cile da: GENZANO (verso Antofagasta, La Cisterna, Las Condes, La Reina, San Ramon, Santiago, Vitacura, Iquique); LAGONEGRO (Iquique); LAVELLO (Vinadelmar); OPPIDO LUCANO (Iquique, Pica, Santiago); PIGNOLA (Santiago); SALANDRA (Santiago); TOLVE (Santiago, Pica); TRECCHINA (Santiago); VIGGIANELLO (Ajguesvive, Santiago)’.

Si tratta di collegare tra loro:

— la situazione della Basilicata all’epoca dei flussi migratori dei secoli XIX-XX2

— le politiche di Emigrazione del Cile e la situazione all’epoca degli arrivi, spesso avventurosi e meno programmati che in altri luoghi delle Americhe;

il contributo dei lucani allo sviluppo del Cile;

— l’integrazione e l’inserimento dei lucani di seconda e terza generazione;

— i lucani in Cile oggi, con particolare riguardo ai giovani e alla qualità del rapporto che essi conservano con l’Italia e la regione d’origine.

E’ un percorso geografico che ci porta dalla Basilicata alle terre del Norte Grande e alla capitale; è un percorso a ritroso nel tempo attraverso due, tre generazioni.

Anche il presente lavoro, come il precedente3, è il risultato di una raccolta di documentazione e dati bibliografici (questi ultimi scarsi, in verità); ma soprattutto è il frutto di una presa diretta con la realtà in esame: testimonianze rese, ove possibile, dagli stessi protagonisti, o dai figli e nipoti, preziosi scrigni di storie individuali e di memorie collettive che si vanno perdendo con l’estinguersi delle prime generazioni di emigranti, e che invece chiedono — storie e memorie — di essere ascoltate, raccolte, raccontate. Perché “la storia la fanno quelli che non sanno difarla”, diceva Tolstoj.

 

Ho incontrato i lucani (o cileni, ormai?) nella realtà che li ha accolti, o più esattamente che accolse i loro genitori e nonni, arrivati alla fine del mondo per ricostruire il futuro. Molti tra loro scelsero le mogli (e i mariti) tra i cileni, e costoro hanno costituito un vero collante per l’integrazione. Quelle con cui sono entrata in contatto sono per lo più le generazioni dei nati in Cile, che spesso comprendono solo un po’ l’italiano e Io parlano pochissimo e male. E tuttavia conservano un legame inaspettatamente forte con la Basilicata, che non è neppure più ‘a terra d’u ricorde, come nei versi di Albino Pierro, piuttosto la terra della memoria, così trasmessa — Intatta e cristallizzata — dai più anziani, quelli che, per M. Rossi Doria, “invecchiano altrove “. Una memoria lunga che supera dunque la vicenda odierna dei lucani in Cile.

C’è qualcosa, nell’esperienza di questo lavoro e del precedente, che le pagine così date in stampa non possono completamente contenere: l’entusiasmo dei protagonisti per gli obiettivi della ricerca, la consapevolezza che “il libro” — questo oggetto che ho promesso avrei realizzato —, sarebbe stato il loro libro. Che qualcuno abbia voluto raccogliere il tanto o il poco rimasto delle vicende (umane, sociali) dei genitori, dei nonni; che abbia voluto conoscere anche la realtà attuale, le realizzazioni, il contributo sociale ed economico che i lucani danno oggi al Cile, e che possa poi trasmettere tutto questo agli altri, ai lucani della Basilicata “geografica” innanzitutto: questo ha entusiasmato tutti, dal più anziano (Vito Carcuro, 93 anni) al più giovane (Gianni Corvalan, 23 anni, che non ha mai visto la regione d’origine). Sarà che gli emigrati hanno fiuto: sentono se li si vuole trattare da ‘fonte orale’, oggetti di curiosità accademica, documenti viventi. O se non c’è anche una tensione morale, necessaria alla comprensione delle vicende narrate, un ponte emotivo che leghi noi e loro, oggi e ieri. Allora si entra in sintonia e nasce la partecipazione.

Una partecipazione corale per ricomporre la loro storia. Che è anche la nostra.

 

Le testimonianze e i ricordi sono stati possibili grazie alla collaborazione delle Associazioni lucane di Santiago, Iquique e Pica. Coloro che ho intervistato e con cui ho dialogato sono prevalentemente originari di tre paesi lucani: Oppido, Tolve e Lagonegro. Un grazie assolutamente non formale va ai fratelli Rocco e Antonio Inserrato e a Iris Di Caro per la disponibilità a una costante guida e assistenza, per i suggerimenti preziosi, per avermi consentito l’approccio più giusto perché diretto e, spero, la comprensione di una realtà così lontana, che i lucani hanno vissuto e vivono nel paese della “luce longitudinale”4.

 

L’autrice

 

 

 

 

1 Dati forniti tra il 1997 e il 1998 da sessanta comuni lucani alla Commissione Regionale dei Lucani nel Mondo.

2 Il panorama storico della Basilicata tra i due secoli in relazione ai flussi migratori ha costituito oggetto di studio del I° vol. della presente collana. Cfr. M. Schirone, Quelli dal volto bruno, I° - I lucani nel mondo, Pianeta Libro, 1998.

3 M. Schirone, Quelli dal volto bruno, II° I lucani in Belgio, Pianeta Libro ed., 1998.

4 L’espressione è nei versi della poesia “No, mai” di Pablo Neruda:  "..Dammi il tuo splendore di cascata, luce longitudinale, patria nevicata.” (Que no, que nunca”: ‘Dame tu resplandor de catarata, luz longitudinal, patria nevada”).

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