Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"
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Basilicata, ‘terra che non ha confini’
Il
cammino dei lucani alla ricerca di terre che offrissero
prospettive per una vita dignitosa ha reso la Basilicata davvero
come nei versi di Parrella:
Come negli aridi e assolati deserti del tropico cileno.
Oggi, che andiamo riannodando le fila di quell’altra Basilicata che
è fuori dai confini amministrativi, si avverte l’esigenza di capire
in maniera documentata dove, perché, in che modo i lucani hanno
saputo offrire il proprio contributo fino in lande desolate, un
tempo invivibili e oggi mete di un turismo esotico, snodi di un
fiorente mercato in espansione.
Il progetto è ambizioso ma possibile: definire e collocare, in un
quadro connesso alla complessiva vicenda italiana dell’emigrazione,
un altro tassello della storia della Basilicata, di quella che dal
secolo scorso ha fatto disperdere i lucani ai quattro angoli del
pianeta.
Relativamente al Cile, la prospettiva della ricerca si presenta
particolarmente ricca e stimolante. Dai dati dell’anagrafe dei
residenti all’estero, forniti dai comuni della Basilicata, risultano
partiti verso il Cile da:
GENZANO (verso Antofagasta, La Cisterna, Las Condes, La Reina,
San Ramon, Santiago, Vitacura, Iquique);
LAGONEGRO (Iquique);
LAVELLO (Vinadelmar);
OPPIDO LUCANO (Iquique, Pica, Santiago);
PIGNOLA (Santiago); SALANDRA (Santiago); TOLVE (Santiago, Pica);
TRECCHINA (Santiago); VIGGIANELLO (Ajguesvive, Santiago)’.
Si tratta di collegare tra loro:
— la situazione della Basilicata all’epoca dei flussi migratori dei
secoli
XIX-XX2
— le politiche di Emigrazione del Cile e la situazione all’epoca
degli arrivi, spesso avventurosi e meno programmati che in altri
luoghi delle Americhe;
—
il contributo dei lucani allo sviluppo del Cile;
— l’integrazione e l’inserimento dei lucani di seconda e terza
generazione;
— i lucani in Cile oggi, con particolare riguardo ai giovani e alla
qualità del rapporto che essi conservano con l’Italia e la regione
d’origine.
E’ un percorso geografico che ci porta dalla Basilicata alle terre
del Norte Grande e alla capitale; è un percorso a ritroso nel tempo
attraverso due, tre generazioni.
Anche il presente lavoro, come il precedente3, è il
risultato di una raccolta di documentazione e dati bibliografici
(questi ultimi scarsi, in verità); ma soprattutto è il frutto di una
presa diretta con la realtà in esame: testimonianze rese, ove
possibile, dagli stessi protagonisti, o dai figli e nipoti, preziosi
scrigni di storie individuali e di memorie collettive che si vanno
perdendo con l’estinguersi delle prime generazioni di emigranti, e
che invece chiedono — storie e memorie — di essere ascoltate,
raccolte, raccontate. Perché
“la storia la fanno quelli che non sanno difarla”, diceva
Tolstoj.
Ho incontrato i lucani (o cileni, ormai?) nella realtà che li ha
accolti, o più esattamente che accolse i loro genitori e nonni,
arrivati alla fine del mondo
per ricostruire il futuro. Molti tra loro scelsero le mogli (e i
mariti) tra i cileni, e costoro hanno costituito un vero collante
per l’integrazione. Quelle con cui sono entrata in contatto sono per
lo più le generazioni dei nati in Cile, che spesso comprendono solo
un po’ l’italiano e Io parlano pochissimo e male. E tuttavia
conservano un legame inaspettatamente forte con la Basilicata, che
non è neppure più ‘a terra d’u
ricorde, come nei versi di Albino Pierro, piuttosto
la terra della memoria, così trasmessa — Intatta e
cristallizzata — dai più anziani, quelli che, per M. Rossi Doria,
“invecchiano altrove “. Una memoria lunga che supera dunque la
vicenda odierna dei lucani in Cile.
C’è qualcosa, nell’esperienza di questo lavoro e del precedente, che
le pagine così date in stampa non possono completamente contenere:
l’entusiasmo dei protagonisti per gli obiettivi della ricerca, la
consapevolezza
Una partecipazione corale per ricomporre la
loro
storia. Che è anche la nostra.
Le testimonianze e i ricordi sono stati possibili grazie alla
collaborazione delle Associazioni lucane di Santiago, Iquique e
Pica. Coloro che ho intervistato e con cui ho dialogato sono
prevalentemente originari di tre paesi lucani: Oppido, Tolve e
Lagonegro. Un grazie assolutamente non formale va ai fratelli
Rocco e Antonio Inserrato e a Iris Di Caro per la disponibilità
a una costante guida e assistenza, per i suggerimenti preziosi, per
avermi consentito l’approccio più giusto perché diretto e, spero, la
comprensione di una realtà così lontana, che i lucani hanno vissuto
e vivono nel paese della “luce
longitudinale”4.
L’autrice
1 Dati forniti tra il 1997 e il 1998 da sessanta comuni lucani alla
Commissione Regionale dei Lucani nel Mondo.
2 Il panorama storico della Basilicata tra i due secoli in relazione
ai flussi migratori ha 3 M. Schirone, Quelli dal volto bruno, II° I lucani in Belgio, Pianeta Libro ed., 1998.
4 L’espressione è nei versi della poesia “No, mai” di Pablo Neruda:
"..Dammi il tuo splendore di cascata, luce longitudinale, patria
nevicata.”
(Que no, que nunca”: ‘Dame tu resplandor
de catarata, luz
longitudinal,
patria nevada”). |
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