U Sattore - L’Esattore
Era una importante personalità nella società rurale di S. Arcangelo in
quanto esigeva le tasse che un tempo si pagavano tramite le esattorie;
l’importanza che rivestiva era anche legata al fatto che era uno dei
membri della commissione che giudicava la iscrizione o meno nell’elenco
dei poveri delle persone che per il basso reddito potevano ottenere
l’assistenza medica gratuita da parte del medico condotto.
Giuseppe Panio era l’esattore di S. Arcangelo ed aveva sposato Giovanna
Amorosi di Stigliano, la quale era una abile cuoca specie nel preparare
i dolci. La coppia era senza figli, ma la loro casa era riempita dalla
prole dei numerosi amici.
Abitavano in una bella ed antica casa (l’unica che aveva all’interno una
cappella privata) ed era situata lungo il corso principale del paese;
era una grande festa quando andavamo a visitare zia Giovannina, dal
momento che a noi bambini durante quelle ore tutto era permesso.
Erano proprietari di una masseria al Monte Cellese vicina a quella di
nostra proprietà, che all’inizio dell’estate raggiungevano per mezzo di
un traino di Pasquale Spani identificato con il soprannome di “Tamasche”,
in quanto a quei tempi era l’unico mezzo di trasporto disponibile.
Generalmente decidevano di recarsi al Monte (come facevano la maggior
parte delle famiglie) alla chiusura delle scuole, cioè da Giugno a
Settembre, ed il viaggio avveniva a bordo di un capiente traino
equipaggiato con sedie che permettevano alle persone di compiere il
viaggio in comodità, dal momento che si dovevano percorrere 10
chilometri per i quali si impiegavano da 4 a 5 ore. Dato che la coppia
dei coniugi era in notevole sovrappeso bisognava in paese trovare un
posto idoneo a favorire la salita sul mezzo di trasporto; lo stesso
doveva avvenire all’arrivo.
Il viaggio passava in fretta, dal momento che le persone che
accompagnavano la coppia, oltre la cameriera, parlavano durante il
viaggio delle novità del paese
C’era un posto ben preciso all’arrivo nella masseria dove sarebbero
dovuti scendere dal traino zia Giovannina e zio Peppino; era chiamato il
poggio e serviva per questo scopo. Nelle serate molto calde sul poggio
si incanalava l’aria che al tramonto rendeva il posto ventilato,
l’ideale per coloro che soffrivano il caldo.
La casa di abitazione nella masseria era formata da tre stanze ed era
illuminata di sera da gas metano e aveva tutti i confort che una casa di
campagna degli anni 50/60 poteva permettersi. L’acqua da bere era
fornita da un pozzo poco distante, mentre l’acqua per la pulizia degli
ambienti e per la biancheria era fornita da una cisterna situata nella
corte della masseria. Infatti l’agglomerato dei fabbricati allora
esistenti (attualmente diroccati in quanto un incendio ha distrutto gli
edifici che sono stati abbattuti), era di due proprietari, Panio e
Castronuovo, questi erano contigui e si servivano di una corte in
comune.
La masseria Castronuovo di proprietà del Prof Giovanni Castronuovo,
eminente clinico medico dell’Università di Napoli, era stata fornita,
anche se per breve tempo, di acqua corrente, in quanto veniva prelevata
dalla sorgente Conca, situata nel fosso omonimo e, con una potente pompa
attraverso una conduttura costruita con tubi di eternit, portata alla
masseria. Questo avveniva negli anni 40 quando il professore veniva a
villeggiare a S. Arcangelo ma l’esperimento durò una sola stagione in
quanto l’enorme pressione che esercitava la pompa mandava spesso in
frantumi i tubi, per cui la poca acqua della sorgente si disperdeva per
i campi.
Negli anni 50/60 per la vicinanza le masserie che erano di Castronuovo,
di Panio, di Molfese, la mia famiglia, di Scardaccione, Avv. Francesco
(chiamata il Casino), e del Prof. Decio Scardaccione (chiamata Palermo)
formavano una comunità molto affiatata, sia per il gran numero di
persone residenti in campagna e sia per l’amicizia che dimostravano fra
loro nelle grandi e nelle piccole necessità.
Questo mutuo aiutarsi a vicenda raggiunse l’apice quando nella zona del
Monte era presente un “brigante” del luogo, ch,e datosi alla macchia,
taglieggiava i proprietari per procurarsi cibo e generi di prima
necessità. Fu in quella occasione che la coesione dei vari nuclei delle
masserie consigliò al fuoriuscito di cambiare aria.
Alla morte della moglie l’esattore non volle più dormire nella camera da
letto e si ricavò un angolo appartato nella capiente sala d’ingresso,
con un letto ed un tavolino, dove aveva posato un giradischi con un solo
disco, l’Ave Maria di Schubert, che avrebbe dovuto accompagnare la sua
dipartita. Data la solitudine avrebbe voluto in un momento molto
importante ascoltare una voce che lo avrebbe aiutato nel trapasso. Non
conosco se ciò è avvenuto secondo i suoi desideri, dal momento che altre
sue volontà, per quanto riguarda la proprietà, sono state completamente
disattese.
AVANTI
>>
|