A cucina maritate - Pietanza di legumi assortiti
Era un piatto che si preparava il 15 agosto, composto da legumi e
cereali, quando il contadino doveva ripulire i cassoni per riporre i
prodotti della nuova campagna agraria.
Gli alimenti funzionali (legumi e cereali) non devono essere ritenuti
alimenti speciali o miracolosi, ma vanno considerati come parte di una
dieta salutare ed equilibrata, la quale dovrà necessariamente
comprendere tutti i principi nutritivi ampiamente presenti nella dieta
mediterranea. Da questo punto di vista, sarebbe più appropriato parlare
non tanto di “alimenti funzionali” quanto di “dieta funzionale”.
L’allungamento della vita media imponeva ed impone la necessità che la
dieta, oltre ad essere nutriente e gradevole, fosse anche e soprattutto
funzionale.
Un alimento può essere considerato funzionale quando si può dimostrare
che l’alimento stesso, o un suo componente, oltre a possedere un
adeguato valore nutrizionale, è in grado di svolgere una o più azioni
benefica sull’organismo.
È questo che si prefiggeva il contadino lucano, specie a S. Arcangelo ma
anche nei paesi limitrofi, quando, al termine dell’annata agraria, per
permettere la conservazione dei prodotti della nuova annata, era solito
raccogliere tutti i residui posti nelle casse di legno, chiamati
cascioni ed utili per la conservazione dei cereali e dei legumi.
Raccoglieva quindi fave, cicerchia, grano, orzo, fagioli, lenticchie,
ceci e li consumava insieme a tutta la famiglia. Li faceva cuocere con
l’aggiunta di odori e poi, una volta cotti, preparava una zuppa, che,
nel gergo locale, era chiamata “cucina maritate”.
Tutto questo avveniva il 15 agosto. Dato che i lavori venivano svolti
dagli animali e non dalle macchine, il contadino impiegava molto tempo
per portare a termine la raccolta di questi cereali e legumi. Ciò
avveniva quando la stagione non era piovosa ed il vento spirava propizio
per terminare le “pisature a piedi” che si svolgevano quotidianamente
sull’aia.
Attualmente l’apporto di fibre naturali non avviene più come una volta,
quando, per ottenerlo, si era soliti macinare il grano duro: la farina
prodotta era integrale e conteneva i carboidrati complessi non
disponibili, quali la cellulosa, la lignina, le emicellulose (fibra
insolubile), le pectine, i frutto-oligosaccaridi (FOS), i
galatto-oligosaccaridi (GOS) e una varietà di gomme e mucillagini di
varia origine (fibra solubile).
Pur non potendosi considerare un nutriente, la fibra alimentare esercita
effetti di tipo funzionale e metabolico che la fanno ritenere
un’importante componente della dieta. Oltre che all’aumento del senso di
sazietà e al miglioramento della funzionalità intestinale e dei disturbi
ad essa associati, l’introduzione di fibra con gli alimenti è stata
messa in relazione alla riduzione del rischio di insorgenza di
importanti malattie cronico-degenerative, in particolare di tumori al
colon-retto, diabete e malattie cardiovascolari. La fibra alimentare ha
la capacità di diluire le eventuali sostanze tossiche presenti negli
alimenti e di accelerare il transito intestinale, riducendo il tempo di
contatto con la mucosa.
Il contadino lucano adottava tutte queste misure anche se non in
possesso di nozioni scientifiche, ma guidato dall’esperienza.
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