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SCHEGGE DI MEMORIA

ANTONIO MOLFESE
 

A Segge - La Sedia

Era questo un utensile che nelle case dei contadini troneggiava sulla parete in bella vista. Era stata acquistata con sacrifici, alcune volte stornando somme che si sarebbero potute impiegare per ben più altri bisogni. Era stata comprata ad una fiera importante e splendeva nel buio della stanza, dal momento che il legno con cui era stata costruita era tinteggiato a lucido; la paglia per coprire il sedile non era di quella nostrana, utilizzata dai nostri impagliatori, ma mostrava i segni di una estrema cura sia nella sua posa in opera che nella ricerca dei colori.
Ai tempi cui ci riferiamo, periodo della seconda guerra mondiale, nei paesi agricoli le case di coloro che lavoravano la terra si rassomigliavano tutte. Erano generalmente monolocali, con un forno per cuocere il pane all’esterno. Vi si accedeva attraverso una porta in legno che mostrava un’anta intera e l’altra a due battenti, in modo che la parte superiore poteva restare aperta e fare luce alla casa. Caratteristica dell’anta intera era il foro circolare posto a 30 cm dallo scalino, la “gattera”, che serviva al gatto di casa per entrare ed uscire a volontà. Infatti nelle case oltre agli ospiti abituali, cioè le persone di famiglia, convivevano ospiti indesiderati: i topi, che erano richiamati dalle differenti provviste che affollavano gli spazi posti sotto i letti (grano, fave, ceci ed altri cereali e qualche volta formaggi).
L’ambiente abitabile, con una finestra o un piccolo balcone, variava da 12 a 25 mq; in esso erano sistemati i mobili ed i letti occorrenti per una famiglia di 5/6 persone.
Nella parete meno illuminata era posta in un angolo la cucina con un focolare che serviva a riscaldare la casa, ad illuminarla e a cuocere le vivande; vi era anche posta l’appendirame, che altro non era che un manufatto in legno al quale si appendevano gli utensili di cucina utilizzati per preparare i pasti. Vi era anche una credenza con cassetti e stipi dove venivano conservati la galetta di legno per l’acqua potabile, il fiasco di legno per il vino e le posate per mangiare; non mancava mai la macchinetta del caffè napoletana ed una bottiglia di rosolio che dava colore all’ambiente. Il barile d’acqua era posto sul barilaio ad un angolo e rappresentava la provvista d’acqua giornaliera per bere e cucinare. Non esisteva ancora acqua potabile nelle case.
Nella parete contigua al focolare erano sistemati due letti che servivano per i figli maschi, che, data la mancanza di spazio, erano soliti coricarsi uno di testa ed uno di piede, “ci de cape e ci de pede”.
Nella parete opposta al focolare era sistemato il letto matrimoniale, molto ampio, al di sotto del quale si ponevano generi di prima necessità o di pronto utilizzo. Il letto era sovrastato da foto di congiunti morti e foto di santi e madonne. Non mancava mai la figura del santo protettore del paese S. Michele. Due comodini erano posti ai lati del letto ed erano ingombri di lumini ad olio, sveglia, scatola di fiammiferi, libro delle preghiere ed altro materiale che poteva servire durante la notte, oltre al pitale che non mancava mai per i bisogni urgenti.
Nell’ultima parete contigua all’ingresso, che era illuminata dalla luce che proveniva dalla porta, erano sistemati l’armadio, il comò ed alcuni bauli, che contenevano la dote, consistente in lenzuola, federe, coperte, asciugamani e quanto altro potesse occorrere nel menage di una casa che si avviava.
Nello spazio rimanente vi erano un tavolo e scanni di legno per sedersi; alcuni scanni erano più grandi e servivano o per due persone o, in caso di necessità, come tavolo per mangiare un pasto frugale, specie nelle giornate di lavoro.
Troneggiava su una parete bene in vista una sedia ben fatta, che per essere stata appesa a lungo, aveva impresso sulla parete i segni che il fumo era solito disegnare in queste case. La sedia veniva utilizzata solo in casi eccezionali, come quando il medico andava a casa a visitare qualche paziente, e solo in questa circostanza si utilizzava anche l’asciugamano di lino e la saponetta profumata per far lavare le mani al dottore. Anche la visita della levatrice, del prete o di qualche notabile del paese era accolta con l’utilizzo della sedia. La luce elettrica non era presente in tutte le case, in quelle in cui non era ancora arrivata la luce il fuoco rischiarava le serate; spesso una luce ad olio illuminava il lavoro della donna quando doveva rattoppare le camicie, le maglie di lana ed altra biancheria che si era danneggiata per l’uso. Non vi erano servizi igienici; per questi si utilizzava un piccolo magazzino posto al di sotto della casa, dove era posizionata una comoda, che a turno la famiglia utilizzava.
Nelle case dove l’esposizione era favorevole al sole, veniva allestita la “gradizza”, uno spazio appositamente costruito, dove si ponevano a seccare frutta e ortaggi, che avrebbero rappresentato le provviste non deperibili per l’inverno.

 

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