A Segge - La Sedia
Era questo un utensile che nelle case dei contadini troneggiava sulla
parete in bella vista. Era stata acquistata con sacrifici, alcune volte
stornando somme che si sarebbero potute impiegare per ben più altri
bisogni. Era stata comprata ad una fiera importante e splendeva nel buio
della stanza, dal momento che il legno con cui era stata costruita era
tinteggiato a lucido; la paglia per coprire il sedile non era di quella
nostrana, utilizzata dai nostri impagliatori, ma mostrava i segni di una
estrema cura sia nella sua posa in opera che nella ricerca dei colori.
Ai tempi cui ci riferiamo, periodo della seconda guerra mondiale, nei
paesi agricoli le case di coloro che lavoravano la terra si
rassomigliavano tutte. Erano generalmente monolocali, con un forno per
cuocere il pane all’esterno. Vi si accedeva attraverso una porta in
legno che mostrava un’anta intera e l’altra a due battenti, in modo che
la parte superiore poteva restare aperta e fare luce alla casa.
Caratteristica dell’anta intera era il foro circolare posto a 30 cm
dallo scalino, la “gattera”, che serviva al gatto di casa per entrare ed
uscire a volontà. Infatti nelle case oltre agli ospiti abituali, cioè le
persone di famiglia, convivevano ospiti indesiderati: i topi, che erano
richiamati dalle differenti provviste che affollavano gli spazi posti
sotto i letti (grano, fave, ceci ed altri cereali e qualche volta
formaggi).
L’ambiente abitabile, con una finestra o un piccolo balcone, variava da
12 a 25 mq; in esso erano sistemati i mobili ed i letti occorrenti per
una famiglia di 5/6 persone.
Nella parete meno illuminata era posta in un angolo la cucina con un
focolare che serviva a riscaldare la casa, ad illuminarla e a cuocere le
vivande; vi era anche posta l’appendirame, che altro non era che un
manufatto in legno al quale si appendevano gli utensili di cucina
utilizzati per preparare i pasti. Vi era anche una credenza con cassetti
e stipi dove venivano conservati la galetta di legno per l’acqua
potabile, il fiasco di legno per il vino e le posate per mangiare; non
mancava mai la macchinetta del caffè napoletana ed una bottiglia di
rosolio che dava colore all’ambiente. Il barile d’acqua era posto sul
barilaio ad un angolo e rappresentava la provvista d’acqua giornaliera
per bere e cucinare. Non esisteva ancora acqua potabile nelle case.
Nella parete contigua al focolare erano sistemati due letti che
servivano per i figli maschi, che, data la mancanza di spazio, erano
soliti coricarsi uno di testa ed uno di piede, “ci de cape e ci de pede”.
Nella parete opposta al focolare era sistemato il letto matrimoniale,
molto ampio, al di sotto del quale si ponevano generi di prima necessità
o di pronto utilizzo. Il letto era sovrastato da foto di congiunti morti
e foto di santi e madonne. Non mancava mai la figura del santo
protettore del paese S. Michele. Due comodini erano posti ai lati del
letto ed erano ingombri di lumini ad olio, sveglia, scatola di
fiammiferi, libro delle preghiere ed altro materiale che poteva servire
durante la notte, oltre al pitale che non mancava mai per i bisogni
urgenti.
Nell’ultima parete contigua all’ingresso, che era illuminata dalla luce
che proveniva dalla porta, erano sistemati l’armadio, il comò ed alcuni
bauli, che contenevano la dote, consistente in lenzuola, federe,
coperte, asciugamani e quanto altro potesse occorrere nel menage di una
casa che si avviava.
Nello spazio rimanente vi erano un tavolo e scanni di legno per sedersi;
alcuni scanni erano più grandi e servivano o per due persone o, in caso
di necessità, come tavolo per mangiare un pasto frugale, specie nelle
giornate di lavoro.
Troneggiava su una parete bene in vista una sedia ben fatta, che per
essere stata appesa a lungo, aveva impresso sulla parete i segni che il
fumo era solito disegnare in queste case. La sedia veniva utilizzata
solo in casi eccezionali, come quando il medico andava a casa a visitare
qualche paziente, e solo in questa circostanza si utilizzava anche
l’asciugamano di lino e la saponetta profumata per far lavare le mani al
dottore. Anche la visita della levatrice, del prete o di qualche
notabile del paese era accolta con l’utilizzo della sedia. La luce
elettrica non era presente in tutte le case, in quelle in cui non era
ancora arrivata la luce il fuoco rischiarava le serate; spesso una luce
ad olio illuminava il lavoro della donna quando doveva rattoppare le
camicie, le maglie di lana ed altra biancheria che si era danneggiata
per l’uso. Non vi erano servizi igienici; per questi si utilizzava un
piccolo magazzino posto al di sotto della casa, dove era posizionata una
comoda, che a turno la famiglia utilizzava.
Nelle case dove l’esposizione era favorevole al sole, veniva allestita
la “gradizza”, uno spazio appositamente costruito, dove si ponevano a
seccare frutta e ortaggi, che avrebbero rappresentato le provviste non
deperibili per l’inverno.
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