Adacquatura - Irrigazione degli orti
Era questa una operazione che iniziava nella primavera, ma diventava
impellente nell’estate; consisteva nel prelevare acqua dalle condotte
scavate nel terreno che costeggiavano i giardini ed innaffiare di
sovente le pianticelle di differenti ortaggi, che alcuni mesi prima
erano state piantate. I fossi, scavati nel terreno, che portavano acqua,
chiamati acquare, erano soggetti a frequenti smottamenti, per cui era
necessario sovente la mano dell’uomo. In questi canali era facile
trovare gamberi di acqua dolce meglio conosciuti come Astacus Astacus.
Infatti i giardini di S. Arcangelo, famosi per le pesche, o perecuoche,
pu pizzele ed i fichi, o fiche, ma anche per gli ortaggi, erano irrigati
con acqua prelevata dal fiume nei pressi del ponte Agri, capolevata, e
diramata per tutto il comprensorio attraverso i canali scavati nel
terreno; erano simili al sistema vascolare dell’uomo, una vera e propria
rete che permetteva alle coltivazioni di ricevere l’acqua necessaria
alla loro crescita.
Era imperativo per l’ortolano del mio paese programmare per tempo
l’epoca della semina, ma specie dell’adacquatura. Tutto quanto viene
riportato l’ho appreso dai racconti che da bambino ascoltavo dalle
testimonianze di zio Andrea mannarone, zio Eugenio martella o più
recentemente da Salvatore ed Andrea. Il nostro orto si trovava alla
Fontana di Acciaio, topograficamente situato alla fine della rete
irrigua, per cui riuscire ad avere acqua nei periodi nei quali più
necessitava, era una impresa veramente sovrumana. Anche se venivano
stabiliti dei turni ben precisi, che gli allora vigili campestri
facevano faticosamente rispettare, vi era sempre qualcuno che,
trascurando le regole, rompeva gli argini e prelevava per intero l’acqua
che scorreva nei canali. Altra operazione che veniva programmata era la
pulitura dei canali, che il comune con la supervisione dei vigili
campestri riusciva a realizzare; vi era un vigile campestre, Manolio, il
quale con il fucile da caccia in spalla e vistosi baffi dirigeva i
lavori di pulitura dei canali, che il terreno franando tendeva ad
ostruire.
Questi, profondi anche un metro e mezzo, portavano centinaia di litri di
acqua, dal momento che in prossimità della presa dalla corrente del
fiume la velocità di scorrimento dell’acqua era abbastanza elevata;
naturalmente se i prelievi erano tanti la portata diminuiva e gli ultimi
giardini, come era il nostro, facevano difficoltà a riceverla.
Generalmente si operava la notte, in quanto erano pochi quelli che
preferivano dormire piuttosto che pensare ad innaffiare il giardino.
Il conduttore del giardino, chiamato in dialetto u parziunale, armato di
zappa iniziava a risalire l’acquare, per essere certo che, ad una
determinata ora della notte stabilita con gli altri campagnoli, non
fossero aperte delle bocche lungo il percorso, per cui l’acqua doveva
giungere in quantità sufficiente ai luoghi posti nella parte più
meridionale dell’impianto.
Vi erano spesso bisticci anche violenti, dal momento che qualcuno non
rispettava i patti e voleva a suo piacimento prelevare il prezioso
alimento per le piante ortive in rapida crescita.
Generalmente gli orti erano di piccole dimensioni, per cui il prelievo
d’acqua necessario ad irrigarli era limitato, non così per il nostro
orto, per innaffiare il quale, con oltre due tomoli di superficie,
necessitavano da quattro a cinque ore di acqua a tutta cannella.
La luna piena che illuminava la notte d’estate aiutava l’operatore che,
quando doveva operare una chiusura o un’apertura del canale, si toglieva
le scarpe, le calze ed anche i pantaloni, entrava nel canale pieno
d’acqua e con la zappa compiva l’operazione che ripeteva più volte.
Era un lavoro che necessitava pazienza e tanto buon senso, dal momento
che i litigi erano frequenti e spesso si giungeva perfino alle mani.
Nella stagione adatta molte anguille potevano prendere la via degli orti
e finivano poi nel tegame del contadino, che, quando regolava il governo
dell’acqua sul terreno, si accorgeva del regalo che l’acqua del fiume
gli aveva portato.
Altra leccornia che poteva capitare erano i gamberi di fiume, anche
quelli scomparsi, dal momento che i canali interrati sono stati prima
sostituiti da canali di cemento e poi da tubi sotterranei, che
fuoriescono in determinati punti dei giardini (bocche di presa) e
permettono con sicurezza ed a volontà di prelevare acqua al bisogno.
Ricordo che una sera dopo aver raccolto la frutta, mentre con mia madre
e Rosa, la nostra colf, ci apprestavamo a rientrare in paese, zio
Eugenio mi dette un cartoccio con all’interno qualcosa che si agitava;
mi tranquillizzò dicendomi che erano due anguille che invece della
strada del fiume avevano preso la strada del giardino per essere gustate
fritte. Mi disse in dialetto: purtalle a lu patrune accussì o prove pure
ille (portale al padrone cosi le può gustare anche lui). Il padrone in
questione era mio padre, il quale avrebbe ricambiato il dono con una
buona bottiglia di vino, che u parziunale avrebbe consumato con il
provvidenziale pesce che l’acquare gli aveva portato.
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