CAPITOLO
VIII
Come abbia portato aiuto ai Monaci
che erano in grave ristrettezza.
Non si può non parlare di un fatto famosissimo da per
tutto una volta narrato dai Venerabili Monaci del Cenobio del
Sagittario.
Un anno ci fu, durante l'inverno, tanta straordinaria abbondanza di neve, soprattutto nella solitudine del Sagittario, che non si
poteva accedere alla santa Dimora senza un evidente pericolo
della vita, né i Sagittariensi potevano in alcun modo uscire dal
chiostro del sacro Cenobio per procurarsi il necessario al vitto.
Perciò tutti i devotissimi Monaci che vi dimoravano, non avendo di che vivere, erano infatti trattenuti come prigionieri dalla
neve, supplichevoli e proni a terra chiedevano alla Beatissima e
Gloriosissima Madre di Dio, con umiltà e devozione, che non
volesse permettere che i suoi servi morissero di fame(1). Il servo
fedele e prudente, Giovanni, sentì tutte queste cose nel suo spirito e si diresse verso il sacro Cenobio, come per andare a chiedere la solita elemosina. Egli, infatti, era solito, ogni domenica,
andare a sentire la Messa nel sacro Tempio del Sagittario, e ricevere dal dispensiere un po' di pane che gli serviva per tutta la
settimana. I monaci, dunque, avendo sentito bussare alla porta,
dissero prima il Deo gratias(2) poi chiesero: - Chi sei tu, che camminando con tanta neve, sei arrivato fino a noi? Quante persone
ci sono con te? - Ed egli: - Sono solo; sono l'eremita Giovanni,
umile servo di Dio e vostro. Essi, fortemente meravigliati, rimasero sbalorditi e andarono subito a riferire all'Abate, che allora
si chiamava Ruggiero ed era di Senise(3) che alla porta c'era fra
Giovanni da Caramola. L' Abate Ruggiero non riusciva quasi a
crederci e comandò che aprissero la porta, ma con cautela, perché la neve non rotolasse nell'interno del Monastero, e di condurre da lui fra Giovanni. Il quale, come entrò nella cella
dell'Abate, prima gli chiese la benedizione(4) e poi un pezzetto di
pane. L'Abate ne ebbe compassione e impose al dispensiere che
desse al servo di Dio le briciole che per caso, cercando con molta
attenzione, avesse trovato nella dispensa ove si era solito conservare il pane. E il dispensiere disse al Padre Abate: -Padre mio
dilettissimo, sappi che io molte volte ho rovistato la dispensa del
pane e ho raccolto tutti i pezzetti di pane per il sostentamento
dei Frati ammalati; e per le abbondanti nevicate non potendo in
altro modo provvedere alle necessità degli infermi, sono già
diversi giorni che anche loro, come noi, sono nutriti, tramite il
nostro infermiere, di legumi, orzo e frumento cotto. Ma
Giovanni non si arrese alle parole del dispensiere, anzi, nonostante questo chiese a Ruggiero un pezzettino di pane. E
l'Abate, fermamente persuaso che Dio non abbandona mai quelli che sperano in lui, e che è il loro aiuto in ogni tribolazione e
difficoltà, e che avesse veramente mandato Giovanni, suo umilissimo servo, per provvedere ai voti e alle preghiere dei supplicanti, comandò nuovamente al dispensiere di andare al deposito del pane e di condurre con sé Fra Giovanni. E, mirabile a
dirsi! il dispensiere trovò in quel luogo, che prima della venuta
di Giovanni nient'altro conteneva se non solo aria, tanta abbondanza di pane, che mai, a detta dei Padri più anziani, sembrò
che ve ne fosse stata tanta(6). Il dispensiere, fuori di sé per lo stupore e la gioia, felice assieme agli altri Venerabili Padri, si effondeva in ringraziamento e lode a Dio che per l'alimento suo e
degli altri monaci, si era degnato di operare, tramite l'umile
Eremita suo servo, un fatto tanto meraviglioso. Il Beato
Giovanni, poi, ricusando l'invito a restare presso i Sagittariensi,
preso il pane avuto in elemosina(7), decise di affrettarsi a ritornare nel suo Romitorio. Mentre, dunque, uscito dal Cenobio, il
Beato Giovanni ritornava verso la sua solitudine, quei
Venerabili Padri che più degli altri erano rimasti stupiti per la
sua venuta presso di loro, e ora, messi di sentinella, dalle piccole finestre lo vedevano mentre si allontanava, si accorsero che la
via si apriva dinanzi a lui e, siccome era notte, era illuminata da
due fiaccole portate da Angeli in forma umana(8). E tutti insieme
andarono in Chiesa a rendere grazie infinite a Dio e alla sua
Madre e per lodare la generosità che Dio aveva dimostrata nel
suo umile servo.
Note
1. L'Autore con notevole abilità narrativa, aveva, in qualche modo, già
nei capitoli
precedenti preparato i suoi lettori a questa atmosfera di cupa solennità
invernale
e di drammaticità esistenziale. Il racconto che si svilupperà con una
certa tensione di attesa e che avrà una soluzione di tipo soprannaturale, ha,
insieme, la gravità biblica (I Re, 17, 7-15: Elia chiede alla vedova di Sarepta di
consumare per lui
l'ultimo pugno di farina e le ultime gocce di olio; e la farina e l'olio
non verranno
più a mancare) e la dolcezza ingenua e sublime dei fioretti francescani
e delle fiabe
popolari: è davvero un bel racconto.
2. Siano rese grazie a Dio: era il saluto che si usava nelle Comunità
religiose.
3. Questo riferire con precisione il nome e la provenienza dell'Abate è
un modo per
dare vivacità e veridicità al fatto narrato.
4. In segno di umiltà e di rispetto.
5. Il testo latino dice buccellam, che alla lettera significa un piccolo
boccone; ma indicava anche il pane che si dava ai poveri.
6. Nota marginale dell'Autore: Dalla Sicurissima tradizione degli
Antichi.
7. E' bella e toccante la semplicità e naturalezza con cui si dice che
quel povero eremita, che aveva dato tanti pani a tanti frati, prenda in elemosina
quell'unico pane
che gli sarà di sostentamento per tutta la settimana.
8. E' molto suggestiva e molto bella questa immagine del Beato che nella
notte fredda e nella neve altissima si allontana sereno verso la sua solitudine,
guidato dagli
Angeli e illuminato dalla sua fede. Ed è ammirevole la semplicità e la
grazia ingenua con cui l'Autore ha esposto il suo racconto.
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