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IL POLICLINICO "REMIGIA GIANTURCO"

da "la Basilicata nel Mondo" (1924 -1927)

 

 

Sorto per merito di un uomo dalla volontà tenace,che seppe trascinare quelli che stavano dubbiosi dinnanzi alla vastità dell’impresa, il policlinico "Remigia Gianturco", cui dà opera amorosa quasi tutto il corpo sanitario di Potenza, compie oggi il primo semestre di vita.

Sia lode all’uomo ed alla terra a questa nostra terra che sempre più rivela di avere in sé stesso, nel suo più profondo, i germi del suo bene e del suo male.

Poiché Giulio Gianturco è un autentico lucano: degnissimo figlio di Emanuele Gianturco, nulla mai chiese al prestigio del suo nome, ma ha voluto e saputo imporsi, per i soli suoi meriti individuali.

L’Istituto magnifico, che in così breve spazio di tempo, ha saputo divenire il centro sanitario di tutta la Basilicata, e che già vede iniziato l’afflusso di sofferenti dalle provincie finitime, fu pensato, organizzato e finito in pochi mesi, con 1’intento preciso di non essere soltanto la perfetta casa di. cura, ma l’ambiente sereno di elevazione culturale e spirituale un centro di studio ove fosse possibile mettere in opera non solo tutti i perfezionamenti tecnici, diagnostici e terapeutici, che giorno per giorno la scienza acquisisce, ma pure nuove esperienze, nuovi metodi originali, esattamente controllati prima, attraverso la trafila delle esperienze biologiche, per potere essere poi applicati praticamente al lenimento di tanti mali, da cui è afflitta la nostra povera carne.

Mai programma fu così esattamente attuato.

Oggi il policlinico « Remigia Gianturco » è già un’Istituto scientifico di primordine, e sarà presto una istituzione della nostra provincia ogni branca della medicina, costituita in reparto autonomo, è trattata da specialisti di chiara fama, particolarmente coadiuvati dai singoli valorosi sanitari del luogo, che fanno parte del policlinico.

Il   professore Giulio Gianturco, chiamato all’unanimità alla Direzione dell’Istituto per la fiducia ferma e serena che veniva dalla quotidiana valutazione dell’uomo e delle opere (egli aveva già prestato servizio per tre anni consecutivi nell’ospedale provinciale S. Carlo, di cui è consulente nel reparto chirurgico) ha avocato a sé la chirurgia generale, la genito-urinaria e quella degli organi di movimento, coadiuvato dal comm. Dottor Michele Marino.

Il professor Lenzi, brillantissimo direttore dell’omonima clinica-ostetrico-ginecologica di Napoli, è capo-reparto della sua branca, coadiuvato dal Dottor Cav. Uff. Camillo Sarli.

Le malattie interne, le cure specializzate per la tubercolosi polmonare, sono trattate da un altro nostro illustre comprovinciale, il professor Vittorio De Bonis, direttore del primo dispensano antitubercolare di Napoli, coadiuvato dal Dottor Umberto Petruccelli.

Il reparto oculistico è affidato al professor Girolamo Sbordone, degnissimo figliuolo di uno tra i più grandi specialisti che abbia vantato 1’Italia; accanto a lui è il Dottor Luigi Coiro.

La dermosifllopatica ed il reparto iniezioni endo-venose, sono affidati al professor Gaetano Mendozzi, già coadiutore della clinica ufficiale della R. Università di Napoli, accanto a lui è il dottor Umberto Petruccelli.

Le ricerche di analisi chimiche, microscopiche, seriologiche, istologiche e batteriologiche, sono affidate al professor Giuseppe Mancinelli.

Il gabinetto Rontgent diagnostico e terapico, fornito dello apparecchio più potente che esiste oggi nel commercio mondiale (240.000 voltz) è tenuto dalla signorina dottoressa Lucie Muhle, della clinica medica di Erlanger.

Tutti questi reparti, pur essendo distinti tra loro, non formano organismi isolati ed indipendenti, è un tutto organico, in cui l’ammalato è studiato e curato in modo completo, non soltanto nella sua malattia attuale, ma anche nelle sue rare lontane, individuali od ereditarie.

Visitai il Policlinico Remigia Gianturco, in una chiara mattina ottobrina, che vestiva di porpora tenue le lontananze violacee dei monti e fondeva nella melodia dei colori le impalpabili forme dei fantasmi trasvolanti per l’azzurro immenso.

A distanza di tempo, 1’impressione della visita alla severa casa del dolore e della scienza rimane in me precisa, incancellabile e profonda.

Le sale nitide, piene di biancore e di luce, terse come il cristallo, bene arredate, non solo non hanno nulla di quello aspetto nudo e tetro, che è solito degli ospedali, ma hanno quasi un aria gioiosa e civettuola con le alte verniciature in avorio antico e le finestre sugli orizzonti infiniti della nostra terra, attraverso alle quali i giochi de sole penetrano e avvolgono i letti ed i sofferenti in un nimbo di speranza e di sole.

Due grandi saloni di seconda classe, a quattordici letti ciascuno. Letti candidissimi così tutto il mobilio. Facce serene, tranquille, tra i sofferenti si aggirano svelti, instancabili, affettuosi gli angeli della carità, le bianche crocerossine della scuola di Roma.

Le camere di prima classe, pur ricche nella loro semplicità, sono a due letti, talché ogni ammalato possa essere assistito da una persona cara.

Dappertutto riscaldamento a termosifone; doppia illuminazione elettrica, bianca per la sera, di un tenuissimo bleu per la notte.

L’acqua calda e fredda è portata in ogni luogo, in ampi lavabi di maiolica.

Trentotto letti nel complesso: tanti dolori che trovano ivi lenimento e rifugio, ove la miseria della carne inferma si placa e la serenità dello spirito rifiorisce tra limpidi luci e nella quiete che deriva dalla infinita, commovente fiducia nell’opera delle mani prodigiose.

Ma se l’ordine, la pulizia, il decoro, l’armonia d’insieme dei locali, si impongono come una poesia dolce all’attenzione dei visitatori, essi sono addirittura sbalorditi dalla copiosità e perfezione dei mezzi tecnici e dagl’impianti scientifici dello Istituto.

Gabinetti, laboratori, servizi vari, occupano i nove decimi dei sessantasei vani disponibili, formando un meraviglioso organico complesso scientifico.

Ammirevoli il macchinario per radioscopia e radioterapia, gli ambulatori per medicina interna, chirurgica, oculistica, ginecologica ecc, in grado di eseguire le più delicate, accurate e complete analisi ed indagini, per ricchezza e profusione (il materiale, il laboratorio di chimica, microscopia e sierodiagnosi).

Non manca il laboratorio di fotografie, di microfotografie e persino il cinematografo, di cui due volte alla settimana viene dato spettacolo agli infermi.

Assai ricca la biblioteca, nella quale oltre i millecinquecento volumi che la compongono, si ritrovano le migliori riviste italiane, francesi, inglesi, tedesche ed americane.

La farmacia, la cappella, l’alloggio per il personale, il guardaroba, le magnifiche camere da bagno, sono una sola festa di luce.

Ma ciò che desta la più viva ed entusiastica ammirazione del visitatore, è il gruppo operatorio per 1'intervento di grandi chirurgie.

Sono cinque locali che nulla hanno da invidiare alle sale operatorie dei più famosi istituti italiani e stranieri.

La piccola stanza per gli apparecchi di disinfezioni è un solo specchio luminoso, con le sue pareti rivestite di maiolica bianca ed i grandi cristalli della cappa di respirazione.

Viene poi la stanza per gli apparecchi gessati (esatta riproduzione di quella dell’Istituto Rizzoli, di Bologna) e quella per la disinfezione dei chirurgi con i grandi lavandini splendenti, da essa si accede, da un lato, nella camera per narcosi, che ha 1’aria di un mistico tempio orientale a celebrazione di strani riti, con la luce verdognola, filtrante dalle sue vetrate; e, dall’altra, nella sala di xxx ampia, alta, luminosissima, questa sala di operazioni può dirsi la sintesi e la fucina di tutta l’attività umana e scientifica dell’Istituto: tavolo operatorio automatico, capace di assumere tutte le più varie posizioni utili all’ intervento, motori elettrici per la chirurgia delle ossa e del cranio, pompa di aspirazione per materiali settici termostato elettrico.

Nella sala successiva lo strumentario, dove, negli eleganti scaffali di vetro, trovasi il più ricco armamentario, tutto quello che di più perfetto, recente e specializzato esista oggi.

Nel sottosuolo dell’edifizio, tutti i servizi: la cucina, la dispensa, le lavanderie e stiratorie meccaniche, il locale per la caldaia del termosifone, le stalle per gli animali di esperimento e la camera operatoria di vivisezioni.

Dalla nostra descrizione necessariamente rapida e frammentaria, la visione armonica e potente del bello e nobile istituto, non può che apparire insufficiente.

A noi interessa dare ai nostri lettori un abbozzo della Struttura dell’opera, dell’ossatura complessa magnificamente innervata e capace di ogni sviluppo ulteriore, e non è esagerato dire che l’attuazione dell’opera è bella come 1’idea, che dell’opera concepì, Giulio Gianturco, l’animatore.

Dopo solo sei mesi di vita, il policlinico Remigia Gianturco nato così vivo e vitale, è un organismo potente in via di continuo progresso.

Lo studio sereno, perfetto, preciso dell’ammalato, porta la diagnostica infallibile, accoppiata alla più ardita tecnica operatoria: tutto ciò che è appannaggio delle più grandi cliniche italiane e straniere, tutti gli ardimenti chirurgici furono eseguiti col più brillante successo nel policlinico di Potenza, spesso ammalati, abbandonati, perché dichiarati inoperabili, trovarono ivi la salute e la gioia di vivere, e ciò accoppiato al più squisito e perfetto senso di probità professionale, per cui tutto ciò che non offre le maggiori probabilità di successo, e che significa invece esibizionismo di quell’abilità professionale, tanto dannosa all’ammalato, è decisamente respinto.

Ora non è senza grande significato etico ed etnico che questo ridotto di scienza, di carità, di onestà, sia sorto per il fermo volere e la fede incrollabile di chi, nel fasto del suo nome paterno, rievoca e compendia tanta parte della gloria della terra nativa, e ciò nel cuore della nostra Basilicata, così ignorata, malfamata ed avvilita, di questa Basilicata però che è tanto spesso all’avanguardia del progresso civile, scientifico e politico della nazione italiana.

Nel policlinico Remigia Gianturco è facile prevedere che saranno scritte molte pagine gloriose della scienza medica e chirurgica del nostro paese. Il continuo progresso: è questo il motto d'ordine.

L’ Istituto ancora così giovane è così insufficiente ai bisogni della provincia, nel prossimo anno i padiglioni saranno due, un istituto fotofisico-terapico è in allestimento; saranno aperti nuovi locali destinati esclusivamente alla medicina ed alla maternità.

Il Policlinico Remigia Gianturco può e deve divenire il cenacolo della giovane scuola medico-lucana.

Non’è questo forse il miraggio glorioso del professore Giulio Gianturco?

 

 

da "la Basilicata nel Mondo" (1924 -1927)

 

 

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