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Santuario di Santa Maria d'Anglona


A circa 12 Km. da Policoro, l'antica e famosa Eraclea, dalla parte orientale d'una collina, posta tra l'Agri e il Sinni, fiumi della Lucania e della Magna Grecia, celebri per le battaglie combattutesi fra Epiroti e Romani e per la morte di Alessandro il Molosso, sorge, in una deserta campagna, solitaria, quasi ricordo di passata grandezza la vecchia Cattedrale d'Anglona.
Chi viaggiando da Policoro per Tursi vi passa lì d'accanto, per la via provinciale, sente un senso di mestizia che tutto lo invade e rifà secoli e secoli di storia intorno a quelle deserte mura di antica basilica greca. Quante memorie in questa Lucania ch'ebbe un giorno, dopo finite le glorie di Eraclea, di Pandosia, di Metaponto, di Siris e di tante nostre terre e città, il grande Monastero Basiliano di Carbone, la Grottaferrata del Mezzogiorno d'Italia, il Sagittario e poi l'Abbazia di Cersosimo e l'Orsoleo! E resta, fra tanta rovina del passato, solo la vecchia Cattedrale d'Anglona, anch'essa minacciata, per terremoti, per catastrofi varie. L'importanza storica, la Cattedrale d'Anglona, la riceve dall'antica Pandosia Lucana. Pandosia fu città antichissima fondata dagli Enotri verso l'anno 2165 a.C. (Oenotriorum Regia fuit, dice Strabone) e occupata di poi, come lasciò scritto Eusebio, da una colonia greca insieme con Metaponto, 8 secoli prima dell'era cristiana. Di Pandosia e della sua storia poco o nulla ci resta; il Lacava nel suo libro di Metaponto ci parla solo di alcune monete che la fan credere confederata a Crotone, quando questa città stringeva lega con Sibari e Metaponto. Tra il suo territorio e quello della vicina città di Eraclea, oggi Policoro, fu combattuta la memoranda battaglia tra l'esercito romano e quello di Pirro, vinto da quest'ultimo a causa della comparsa dei suoi elefanti i quali spaventarono e sbaragliarono le falangi nemiche. Plutarco scrivendo dell'incontro delle deu armate, disse che Pirro s'accampò tra Pandosia ed Eraclea e che il console romano Levino pose campo oltre il fiume Sinni. Parlano di Pandosia le "tavole di Eraclea" trovate in contrada Uscio di Montalbano Jonico, presso il torrente Salandrella, e incise, secondo l'opinione dei dotti, verso il 430 di Roma; e sotto Pandosia, cioè sulla sponda sinistra dell'Agri fu trafitto ed ucciso da un lucano, verso il 334 avanti l'era volgare, il re degli Epiroti Alessandro il Molosso, il quale, credendo d'ubbidire l'oracolo del Dio che aveva consultato, si accostò inconscio a quei luoghi che doveva fuggire e vi trovò una crudele morte. Pandosia fu città dedicata a tutti gli dei e si vuole distrutta da Silla nella guerra sociale verso l'anno 81 dell'Era Volgare; mentre altri la vogliono distrutta dal grande cursore romano L. Papiro. Dalle rovine di Pandosia sorse la città di Anglona la quale quasi distrutta dai Goti verso il 410 di Cristo, si rialzò e continuò a vivere di vita stentata nel Medioevo (il 20 novembre 1090 vi fu ospite il Papa Urbano II, colui cioè che poi intimò le Crociate); ma, decadendo sempre di anno in anno, si ridusse sotto Federico II a condizione di semplice casale e sotto Giovanna I di Napoli fu distrutta dal barbaro incendio dei feroci soldati. Benchè la regina stessa, con la sua lettera del 30 luglio 1368, avesse ordinato la riedificazione di Anglona, non se ne fece nulla e della distrutta città, o meglio del distrutto casale, non restò, nè rimase ora che la vecchia Cattedrale con l'annesso episcopio; tanto che Papa Paolo III, con bolla dell'8 agosto 1545, ne trasferì la sede Vescovile in Tursi e quindi l'antica Diocesi prese d'allora il nome di Anglona-Tursi. Ora il colle di Anglona, sito della città pagana e della città cristiana, entrambe distrutte, è importante per il vetusto Santuario della Vergine che ogni anno richiama gran folla di gente nella festa dell'8 settembre; ed è importante per l'annua fiera del 2 dello stesso mese, la quale un tempo durava 8 giorni ed oggi è ancora affollata da popolo dei diversi paesi della Basilicata e delle altre province. Com'è cambiato però il tempio antico: unico vivente fra una solitaria campagna di morti! Quanto diverso ora da quello che doveva essere all'epoca longobarda! Edificata la vecchia Cattedrale prima del 1000 in travertino, in pietra tufacea, verso il 1600 una mano vandalica la coprì tutta d'intonaco. E l'intonaco si seguì fino a noi secolo per secolo e l'imbianchino finì l'opera devastatrice, coprendo tanti affreschi greci e tante iscrizioni anch'esse greche! La porta dell'atrio della Cattedrale, sebbene logorata dal tempo, si conserva ancora, e come in altre antiche chiese e basiliche, di sopra ad ornamento v'ha in mezzo il simbolico Agnello con la Croce greca, d'intorno i quattro simboli dei quattro Evangelisti, il Leone, il Bue, l'Aquila e l'Agnello. Il terreno sovrapposto dinanzi alla Cattedrale, quasi d'un metro, forse rovine degli edifizi d'un giorno, impedisce che si studi tutt'intero l'atrio e le due porte. La facciata tutta in travertino, sebbene la parte alta sia crollata per gli ultimi terremoti della Basilicata, è sull'andare stesso e nell'identico stile che si vede nelle nostre chiese medioevali d'Italia. Entrando nel Santuario, ti colpisce subito la diversità degli archi delle mura laterali della navata di mezzo: a destra di chi entra e curva e semplice; a sinistra a sesto acuto. Questo disegno lo hanno poche chiese d'Italia. La cupola che stava presso la facciata, in sul principio del tempio, e la grande cupola della crociera, crollate! In fondo, l'abside tutta coperta d'intonaco; e l'intonaco deformato, deturpato dai colori brutali lì dall'operaio stesso, quasi a sfregio di tanta veneranda antichità! Che cosa nasconde quel grosso villano intonaco, non si sa; solo di sopra a destra e sinistra del "Sncta Sanctorum" vi si vedono due affreschi, ma anch'essi guasti dalla mano dell'imbianchino! Ma è da supporre che l'abside sia stata bellissima: forse tutt'affreschi emosaici, come si vede in altre chiese dell'epoca, dei secoli anteriori al 1000 e in altre chiese anche meno antiche. Ma quello ch'è degno d'essere veduto, studiato e conservato con cura speciale, si, è il di fuori dell'abside. Poche Cattedrali e Basiliche hanno degl'intagli sul travertino così precisi, così ben eseguiti, con disegno fino, leggero, svelto, armonico come questi che ci avanzano della nostra vecchia Cattedrale d'Anglona. La parte, la sola parte che merita ogni cura è questa: la parte esterna dell'abside. Si ritiene che sia lavoro del secolo XII o del seguente. Ciò che fa supporre che la Cattedrale greca (con figure che anche oggi si osservano, affreschi rozzi che sono opere della fine del 500 o del principio del 600) quale fu fino a che non cambiò rito, ebbe vari restauri, e in vari secoli e con diversi intendimenti e gusti intrapresi. L'affresco che meglio si conserva è quello che sta sul muro sul quale è appoggiata la scala che dal vecchio Episcopio mena alla chiesa. E' coperto in parte d'una crosta di calce, ma da quando, anche adesso si vede, è fattura anteriore al 500. Si leggono delle parole greche; ma bisognerebbe levare tutta l'imbiancatura per studiarne l'affresco e leggerne le scritte. I mattoni posti tra le pietre dell'esterno dell'abside, forse erose dalle aqcue, presentano varie figure, ornati varii e ben disegnati. Alla purezza delle linee pare che non siano anteriori al 500. Il Lacava nel libro su Metaponto, così descrive la vecchia Cattedrale d'Anglona: "La Chiesa è un edifizio tra il gotico e il longobardo ed ha tre arcate; gli archi a sinistra sono a sesto acuto, a destra tondi e poggiano sopra pilastri; il tetto è a travate in legno non coperto da soffitto. Il materiale di cui la Chiesa è costruita è per lo più pietra tufacea, tramezzata da grossi mattoni. Questo e tutto quello che rimane della città di Anglona, la quale alla sua volta sorse sulle rovine dell'antica Pandosia Lucana". Dall'8 settembre 1976, a seguito della creazione della Regione Ecclesiastica di Basilicata, la Diocesi ha assunto la denominazione di Tursi-Lagonegro, Anglona diventa sede titolare.

da "Anglona e Tursi" di Salvatore Di Gregorio            


 

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