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LAVORI DI RESTAURO NEI COMUNI DI TURSI E MOLITERNO

I lavori di restauro che qui si presentano fanno parte di un impegno progettuale elaborato attraverso sopralluoghi, controlli ispettivi sistematici sul territorio di competenza: un programma di lavoro articolato sulla base di scelte prioritarie quali lo stato di conservazione delle opere, esigenze di culto, la valenza storico artistica dei manufatti.
 


TURSI (MT), CATTEDRALE, ALTARI IN MARMO E SCAGLIOLA

I manufatti, in oggetto, ubicati nei transetti della chiesa, sono strutturalmente uguali. Ogni altare si erge su due gradini marmorei; è formato da un paliotto in scagliola e da un postergale costituito da due ordini di gradini decorati da semplici formelle marmoree. Sui pilastri laterali appare lo stemma vescovile di Giulio Capece Scondito e la data, 1731.
Il tabernacolo, in marmo bianco calacatta, con porticina di bronzo finemente lavorato, presenta sulla sommità della custodia, due testine di cherubini alati. Gli elementi più importanti degli altari sono senza dubbio i paliotti, realizzati in scagliola: stucco colorato ottenuto con gesso cotto e cristallizzato che, unito a sostanze collose e al colore, crea l'effetto di un materiale più pregiato come il marmo o gli intarsi in pietra dura. Nella nostra regione, povera di marmi e di pietre pregiate, la tecnica della scagliola dipinta ottenne un grande successo come documentano i numerosi esemplari che ancora si conservano nella chiesa di San Nicola al Castello, a Lagonegro, nella chiesa della Rabatana e di San Filippo a Tursi, nella chiesa Parrocchiale di Brienza, eseguiti da artigiani locali attivi nella prima metà del XVIII secolo. Di rilievo la figura di Gaetano Vita da Lagonegro che nel 1738, sottoscrive l'altare ubicato nella Cappella di San Gaetano a Calvera, e, nel 1743, il pregevole paliotto della chiesa del Convento a San Mauro Forte.
Gli altari della Cattedrale di Tursi presentano una vivace decorazione fatta di fiori multicolori, uccelli dalle ali variopinte, foglie curate nelle loro movenze curvilinee, soluzioni compositive che i nostri artigiani attingono dal fantasioso decorativismo dei marmorari napoletani operanti nella seconda metà del `600.
Prima del restauro, i paliotti si presentavano in pessime condizioni a causa dei danni subiti per un improvviso incendio divampato l'11 novembre 1988 negli ambienti dell'edificio sacro. Entrambi fortemente alterati cromaticamente (lo strato superficiale completamente bruciato) recavano profonde fratture e numerose lacune. Prima del trasporto in laboratorio, i manufatti sono stati velinati con più strati di garza applicata con resina acrilica Paraloid B 72 disciolto in acetone al 20%; poi sono stati smontati ed adagiati su di una controforma di Medium Density rivestita con un foglio di poliuretano. Il paliotto del transetto sinistro presentava maggiori fratture, per questo si è deciso di inserire nel supporto, a tergo, una griglia di acciaio, fissata con resina bicomponente, per assicurarne la tenuta. Complessa e difficile l'operazione di pulitura: falliti i primi tentativi di rimuovere lo strato superficiale, ormai bruciato, usando differenti solventi, si è deciso di procedere con l'utilizzo di tamponi diamantati, che, senza danneggiare la superficie cromatica, hanno dato ottimi risultati. Le piccole lacune sono state integrate con la tecnica originaria, riproponendo i pani di stucco o colando direttamente negli spazi lacunosi lo stucco pigmentato. Per realizzare questa operazione è stato ricostruito graficamente il disegno su fogli di acetato. Per le grosse lacune, invece, si è preferito eseguire l'integrazione pittorica a tratteggio. Per conoscere nei dettagli il materiale costituente il supporto e lo strato decorativo dei manufatti, durante la lavorazione, sono stati prelevati, da tergo, dei frammenti di stucco (un campione rosso ed uno blu) analizzati presso il laboratorio del dott. Quarta, geologo dell'ISSCOM di Lecce.
Lungo e complesso è stato anche il restauro, in chiesa, delle macchine d'altare: a causa dell'incendio subito, gli altari hanno perso quasi tutte le tarsie marmoree, inoltre, il collante utilizzato originariamente per il fissaggio delle stesse, sciogliendosi, per l'alta temperatura, è penetrato in profondità nel marmo bianco, creando così grosse e scure colature, deturpando irrimediabilmente il candore del marmo.
Inoltre, gran parte della superficie marmorea, soprattutto il tabernacolo, presentava numerosi schizzi di cemento, caduti durante i lavori strutturali eseguiti dal Provveditorato alle OO.PP di Matera. La pulitura dei marmi è stata così articolata: rimozione dei depositi superficiali incoerenti con l'uso dei pennelli; applicazione di compresse di polpa di carta imbibite di soluzione satura di carbonato di ammonio al fine di rimuovere le sostanze grasse e i depositi molto aderenti alla superficie; rimozione degli schizzi di cemento con l'ausilio di mezzi meccanici (vibroincisore); lavaggio delle superfici con acqua demineralizzata. Per il ripristino delle tarsie marmoree, ci si è affidati, in parte, alla "memoria storica", cioè a vecchie foto conservate nell'archivio parrocchiale della chiesa, in parte, alla presenza di piccoli frammenti di marmo (Rosso Francia e Verde Guatemala) ancora incastonati negli altari.
 


TURSI (MT), SANTUARIO SANTA MARIA D'ANGLONA, MANUFATTI LAPIDEI.

I lavori di restauro, in oggetto, riguardano il Santuario di Santa Maria D'Anglona, noto complesso medioevale edificato nei primi decenni del XII secolo, sul sito dell'antica Pandosia, a pochi chilometri dal centro abitato di Tursi La chiesa, che ha subito nel tempo notevoli trasformazioni e manomissioni, si presenta, oggi, con un coronamento orizzontale, affiancato da una torre campanaria con bifore.
Si entra nell'edificio sacro attraverso un avancorpo a pianta rettangolare suddiviso in due zone. La parte più vicina al portale d'ingresso presenta una copertura a crociera con costoloni a sezione quadrata ed arcate laterali, mentre quella esterna ha un arco a tutto tondo, caratterizzato nella fascia più interna da un motivo a zig zag e nella ghiera più esterna da elementi decorativi con protomi animali e testine umane.
La parete muraria esterna presenta cinque pannelli con le immagini dell'Agnello mistico e dei simboli dei quattro Evangelisti. Ai lati esterni sono due figure di santi non bene identificati. Il portico di Anglona, rappresenta al pari dei noti esempi di Venosa e di Acerenza una delle più antiche testimonianze architettoniche di matrice anglo normanna, in Italia Meridionale.
I lavori di restauro progettati riguardano gli elementi lapidei della facciata principale, delle bifore della torre campanaria, dell'intero avancorpo con tutti i rilievi già descritti, del partito decorativo della finestra absidale (sul prospetto orientale della chiesa) incorniciato da un archivolto caratterizzato da elementi plastici a denti di sega e da motivi geometrici a losanghe. Fa parte di questo lotto di lavori anche il recupero conservativo delle interessanti mattonelle in cotto (di forma quadrata e rettangolare) decorate a stampo, che troviamo incastonate. numerosissime, sia all’esterno dell'edificio, sulle pareti del transetto e dell'abside, sia all'interno, reimpiegate, negli ambienti della sagrestia. Le formelle ascrivibili al XII secolo, riportano a rilievo, decorazioni differenti, con temi iconografici ispirati ad un vasto repertorio che spazia dall'oriente bizantino e islamico fino all'arte romanica occidentale.
Esposti al dilavamento delle acque piovane, all'erosione e agli attacchi di microrganismi, gli elementi lapidei appaiono in un avanzato stato di deterioramento. Le fasi previste per l'intervento sono: accurata pulitura delle parti a vista dei manufatti, consolidamento materico degli stessi, rimozione dei vari strati di scialbature, rimozione di vecchie stuccature; integrazione degli elementi lapidei mancanti, trattamento finale di protezione. I lavori sono in corso d'opera.
 


MOLITERNO (PZ), CHIESA DI SANTA CROCE, ALTARE LIGNEO DORATO ED INTAGLIATO.

L'opera in oggetto è collocata nella terza campata della navata sinistra della chiesa. La monumentale struttura, di gusto barocco per l'esuberanza degli ornati e della doratura, si articola in un altare serrato tra due ampie volute dalle quali si sviluppa un intricato intreccio vegetale a traforo. Gli stessi motivi decorativi si ripetono sui due gradini della mensa. Su di essi poggia l'ancona, composta da colonne tortili con decorazioni a fogliame e capitelli corinzi. Il paliotto, di epoca più tarda è costituito da una semplice specchiatura in finto marmo, delimitata da una larga cornice.
L'altare, in legno dorato e policromo, ripropone quel gusto tardo barocco affermatosi a Napoli nella seconda metà del Seicento e diffusosi nella nostra regione sino ai primi decenni del XVIII secolo. L'intera struttura è stata realizzata in legno di castagno ad eccezione delle parti intagliate. Prima del restauro l'opera si presentava in pessimo stato di conservazione: le tassellature degli intagli erano dissaldate per l'elevata percentuale di umidità presente nella chiesa; indebolita e sollevata ovunque la preparazione; una spessa patina nera ricopriva interamente la superficie.
Durante lo smontaggio in situ, è stata scoperta, dietro la grande struttura lignea, una ancona in stucco bianco, in discreto stato di conservazione. Sono stati realizzati i seguenti lavori: fissaggio della cromia, dell'argento meccato e dei relativi strati preparatori, consolidamento del legno, pulitura delle superfici, rimozione delle ridipinture con l'uso di bisturi e di idonei solventi; disinfestazione antiparassitaria; riassetto ligneo dei singoli elementi; stuccature e ricostruzione di alcuni elementi mancanti; ritocco pittorico eseguito col metodo della selezione cromatica con colori a vernice; la mecca è stata riproposta soltanto sulle zone più abrase. È in atto la realizzazione di una nuova struttura portante per il rimontaggio del manufatto.
 

    Testo di APOLLONIA BASILE
 tratto da  "BASILICATA REGIONE Notizie,
2002


 

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