Roberto Zito
NON PER ME E’ QUESTO TEMPO DI RESURREZIONE |
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ed anche qui mi giunge il tuo respiro
soffice
mosse dal maestrale. io bevo e m’inebrio e di questo acre vino ne faccio nettare e linfa
per il mio ottuso pensiero. ma tra gli ingranaggi del vivere a nulla serve l’innaturale sforzo se non a rendere la mia
fine più vicina. ciò che neanche si comprende.
quella di chi ti sfila tra le dita pochi
spiccioli di dollaro. seppellita tra le pieghe di una normalità che neanche mi appartiene e della mia anima già in ognuno è svanito il ricordo del rosso
vermiglio.
il mio cuore. della polvere che plana dalle rovine sulla nuda terra privata del luccichio degli ori e dei
metalli preziosi. e della poesia una branca del superfluo io
non sono che un verme. s’aggira sui resti della sua casa crollata sotto i colpi della propria utopia.
è questo tempo di resurrezione.
vacuità delle azioni.
scritta dai tanti che dispensano certezze e soluzioni.
L’Egitto, la Grecia e l’arte
delle origini.
presentano i costi necessari.
e fanti e grandi sacerdoti. sono fatti i 64 quadrati dell’immutata scacchiera.
la composizione dei versi. Ma non serve melodia per rappresentare
il semplice ululare di un cane. ed in ognuno ben visibile è già la piaga che
lo farà marcire.
e più in là madre e figlio ricordano il giusto prezzo da pagare.
Arde in fretta la fiamma
e neri scialli si avvicendano in ossequioso omaggio al
chiodo della croce. avvolto alle gotiche arcate di una cattedrale ma nel bianco delle pupille già scintilla la traccia di una nuova vendetta. “Paenitentia / Irrita spess!” “Penitenza / Speranza vana!”
e nuovi voli
quando allarga l’orizzonte su miseri
scenari. mantiene le sue promesse e dolori lancinanti
s’annidano dietro l’imperituro tempo.
il solco
all’impercettibile moto dei millenni.
e prima ancora Pitagora, Erastotene e
Tolomeo... dalla toppa di una serratura hanno innalzato teorie.
l’involucro ed il suo contenuto diventano il frutto
irrazionale di un giuoco. di là dello specchio non appare certo meno “vera”
dell’altra...
concepisce l’autentica natura
dell’acqua. nell’arco di un giorno e una notte.
che sono approdato alla tua isola. sono arrivato fino a te che neanche
ho conosciuto.
in mezzo all’estate
quando uscì dal sepolcro e dei tuoi
occhi che abituati a far di conto sulle dita di una mano se non del baratro che si nasconde dietro l'apparenza di una linea.
e le mie parole finite negli abissi e
mai riemerse.
che non ho trovato. magnifica e stupenda come solo le opere incompiute
sanno essere.
e da nessun’altra parte. disperde nell’aria ed in un breve fiato mi riporta
al sapore buono del pane. |
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