Roberto Zito

 

 

Il terrazzo di via Trono


I

Rosso quadrato di mattoni.

Terrazzo di magnolie e rose,

frontiera della mia infanzia.

Teatro ormai vuoto.

Sul tuo proscenio non restano

che il cimitero dei frati e le

rovine di un antico castello.

Dov’è oggi la mano che dipinse

un coro di angeli nel presbiterio

di una chiesa?

Dov’è finito l’ardire di chi,

sulla cuspide di un campanile,

si illuse di sorreggere il cielo?

Altri splendori porta con sé

la pietra che sprofonda verso il basso.

Altri splendori trascina nella polvere.

 


II


Atene, Praga, Varsavia, Hiroshima,

Auschwitz...

Anche qui,

confuso nel vento,

è giunto il pianto di una madre che

racchiuse

                      (in un unico gesto)

la deposizione dalla croce di tutti i

figli del mondo.

Anche qui,
nel lembo più povero d’Europa,

                             (in via Trono)
è giunto il sordo rumore che rompe

il silenzio dei sepolcri.

Ma non è nel tremito delle mani

di un falegname e di una sarta

che si è infranto l’urlo della storia.

E’ l’umanità che si ripete in un

verso monotono.


Nelle prigioni/nelle piazze/nelle sale

illuminate e sorrette da antiche

architetture/in questa strada che,

come la corda tesa di un arco,

segna un confine nella montagna di argilla.
E’ sempre l’umanità che si ripete tradendo

se stessa nel tentativo di affermare un’idea.

E voi,
voi dove siete oggi folli condottieri?

Non è forse legata
allo stesso destino di queste pietre

la tragica utopia dei vostri sogni?

 


III


Rosso quadrato di mattoni.

Terrazzo di via Trono

tra magnolie e rose.

Teatro ormai vuoto.

Sul tuo proscenio non restano

che rovine e macerie.

E nel vento una voce sommessa

monotona ripete il suo verso:

non è Giuda,

non è Giuda che ha tradito la storia
scambiando per quaranta danari

una corona di spine.

 

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