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Storia del Convento di Barile
Donato M. Mazzeo
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Incoronazione B.V. del Carmelo (1951)

Grande e sentita la devozione e molti i santuari dedicati alla Vergine del Carmelo ovunque in Basilicata, fra cui Avigliano, Tricarico, Rioneno in Vulture, Melfi, Barile ecc.

In occasione dell’Incoronazione della Sacra Effigie della Vergine del Carmine il 16 luglio 1951 (sindaco dell’epoca Andrea D’Andrea) si realizzò una grande festività religiosa e civile, alla presenza del vescovo di Melfi pro tempore. Domenico Petroni ed altre autorità.

Una piccola brochure edita dalla tipografia Bruzia di Catanzaro in quella manifestazione (sul fronte l’effigie sacra e sul retro, per la concessione di 100 giorni di indulgenza, la preghiera) riportava testualmente quanto segue:

Oh Vergine SS. del Carmelo che da molti secoli resti a custodia, da questo ermo colle, della città di Barile che si distende ai tuoi piedi, accogli benigna i nostri voti e le nostre preghiere. Come in altri tempi hai difeso la Chiesa dal male dilagante ed hai riportato i costumi sulle leggi cristiane, così oggi riporta il mondo a Cristo ed all’osservanza dei suoi divini precetti.

Vedi come gli uomini si dilaniano nelle guerre fratricide, disseminando la terra di rovine ed intridendola di sangue. La Tua potente intercessione ottenga la pace nella giustizia e nella carità di Cristo.

Sul Tuo materno seno deponiamo le nostre segrete lacrime e vogliamo si riposi la nostra anima stanca ed avvilita. A Te ricorriamo fidenti per il pendono dei nostri peccati.

Il Tuo Abitino ci salvi dai pericoli e ci leghi al Tuo cuore di Mamma e ci porti in Paradiso a formare la Tua corona di gloria per tutta l’eternità. E così sia.

 

Convento di S. Cristina: perché?

A Bolsena (non si sa se sia italiana o originaria di Tiro) fin dal quarto secolo si è sviluppato un cimitero sotterraneo intorno a Santa Cristina.

Eletta patrona della città ha dato ispirazione (in base al racconto dei numerosi supplizi da lei subiti) a molti artisti in Italia ed in altri Paesi d’Europa.

L’origine del martirio va ricercata in una “Passio” latina (composta verso il nono secolo d.C.) che descrive una bellissima cristiana, figlia di un ufficiale dell’Imperatore che non riuscendo a farla abiurare la consegnò al boia, rinchiusa in un’alta torre assieme a dodici ancelle.

L’etimologia evidenzia, pertanto, che fu seguace di Cristo; il suo simbolo caratteristico una palma ovvero una ruota.

Ecco alcune delle testimonianze iconografiche che la riguardano direttamente:

-  nei mosaici tra le vergini martini della Chiesa di S.Apollinare Nuovo in Ravenna;

-  da Luca Signorelli a Paolo Veronese, Giovanni Della Robbia, Luca Cranach parecchi artisti sono stati ispirati da episodi relativi all’esistenza di Santa Cristina.

Della citata “Passio” sono disponibili versioni greche oltre che latine che descrivono origini varie (da Tiro in Fenicia a Bolsena su cui concordano queste ultime).

Con l’atto di incarcerazione, assieme alle sue ancelle, di Cristina ormai cristiana di fede, il padre Urbano voleva costringerla ad abiurare.

Però la fanciulla rifiutò decisamente frantumando le statuette degli dei che ornavano la sua stanza. Poi vendette il metallo così ricavato e offrì il ricavato ai bisognosi della città.

Dalle sollecitazioni Urbano, poi, passò alle percosse fisiche, la fece flagellare e rinchiudere in una cella.

Cristina non cedette a tanto ed il padre non trovò di meglio che affidarla a giudici che le inflissero supplizi feroci. I lividi sul suo corpo furono, di seguito, portati a guarigione da tre angeli.

Non fu abbastanza, Cristina resistette ad ogni atto.

Visto vano anche questo tentativo per convertirla, le si legò al collo un pesante macigno e fu buttata in un profondo lago: ma anche questa volta gli angeli vennero in suo soccorso, sorressero la grossa pietra e la fanciulla fu riportata sulle sponde del lago.

Il   padre Urbano, per le bestiali offese fisiche e psicologiche ordite ai danni dell’innocente figlia, venne poi a morte.

Ma i guai per Cristina non sarebbero finiti che con la sua morte. Infatti gli stessi giudici ritornarono ad infierire su di lei.

La condannarono, pertanto, a terribili nuove torture (la graticola arroventata, la fornace surriscaldata, morsa più volte da velenosi serpenti, costretta al taglio delle mammelle) dandole il colpo di grazia con una lancia sul suo martoriato corpo.

 

“I Discepoli” e l’opera di Padre Minozzi

Una rete di istituti e luoghi pii disseminati per l’Italia fondata nel 1919 ed affidata nella sede centrale di Roma (Via de’ Pianellari,7) alla Congregazione de “I Discepoli” ed a suore di vari ordini (Zelatrici del Sacro Cuore, Povere Figlie di Sant’Antonio, Figlie dell’Oratorio a Palazzo San Gervasio ecc. — secondo lo statuto di fondazione ispirato e redatto direttamente da padre Giovanni Minozzi - con precedenza privilegiata alle Ancelle del Signore).

Da Calascio ad Amatrice e Ofena, proliferano le sedi O.N.M.I.

La struttura organizzativa dell’Istituto O.N.M.I. di Barile, circa 150 i ragazzi provenienti da famiglie disagiate della Basilicata ed orfani di guerra, era così formulata:

Al vertice il Direttore dell’Istituto (obbligatoriamente della Famiglia religiosa “I Discepoli”);

Vice-Direttore (Sacerdote della Famiglia o laico collegato alla Congregazione);

Economo;

Assistenti alle tre Camerate (ognuna con un proprio nominativo, Sacro Cuore, Immacolata, San Giovanni). Nell’ultimo decennio di funzionalità a regime dell’Istituto, hanno ricoperto l’incarico di Assistente, fra gli altri, Claudio De Sanctis, Franco Garramone, Antonio Parnofiello. In qualità di calzolaio operava all’interno Giuseppe Titano ed in sartoria Ida Saracino.

Nelle mansioni di custode, in ordine cronologico ed a memoria d’uomo, Rocco Valente, Raffaele Carbone, Donato Di Cupero.

Nel novero delle suore “Ancelle del Signore” privilegiate nello Statuto di fondazione redatto da Padre Minozzi, la comunità di Barile ha offerto numerose vocazioni: fra le tante Suor Fina Bascio, Suor Maria Salvatore, Suor Melma Pugliese, Suor Ada Malanga.

Nella cerchia dei docenti delle classi elementari, ospitate provvisoriamente per carenza di edificio scolastico nell’Istituto:

Rachele Grimolizzi, Lucietta Grimolizzi Fullone, Donato Carlucci, Dario Volonnino, Aldo Rabasco, Teofilo Maccio, Raffaele Palermo, Armando Paternoster, Luigi Parnofiello. Si chiede venia per eventuali ed involontane omissioni.

 

La famiglia Gramsci a Barile

Gli antenati di Antonio Gramshi (cognome skipetaro d’origine, poi italianizzato in Gramsci) il noto ideologo e fondatore del quotidiano “l’Unità”, giunsero profughi in Italia.

Alcuni di loro parteciparono nel 1821 ai cosiddetti “Moti Piemontesi”.

Originari di Plataci (Cosenza), secondo documenti originali d’anagrafe rinvenuti e pubblicati in un recente convegno dal locale Centro Studi “Mezzogiorno Mediterraneo” diretto dall’on. Mario Brunetti, i Gramsci, durante i secoli, si integrarono pur non abiurando mai le patrie origini*

 

* Ne scrive nei “Quaderni dal carcere”, chiedendo che i suoi congiunti e nipoti abbiano sempre memoria di ciò, e mostrando particolare interesse di tipo linguistico.

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