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Etnografia ed Albanesità
Donato M. Mazzeo
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EMIGRAZIONE ED ETNIE IN BASILICATA

Comunicazione presentata dal prof. Donato Mazzeo al

"1° CONGRESSO INTERNAZIONALE DELLE TRADIZIONI POPOLARI"

di Metaponto-Bernalda (MT) svoltosi nei giorni 23/24 maggio 1986

 

 

Trattiamo, in questa sede, delle due “Etnìe” emergenti in Basilicata: gli Arbèreshe (Italo-Albanesi) ed i Rom.

Circa i Rorn, segnatamente dei cosiddetti “Rom Bazahisk”(cfr. M. Olmi), vi sono insediamenti piuttosto consistenti nel Vulture (a Melfi, a Rionero come evidenzia Mirella Karpati ed anche G. Criscione in “Lacio Drom”). Di recente vi si è soffermata, con alcuni interessanti filoni tematici da sviluppare e sistemare, R. Montanarella, nella sua “Tesi” discussa presso la Scuola Assistenti Sociali di Potenza con Luigi Forenza, Sovrintendente ai Beni Librari della Basilicata.

Di noialtri “Italo-Albanesi” (Arbèreshe) v’è una vasta pubblicistica, una serie di Riviste specialistiche, sono in incremento gli “scambi culturali” con l’Accademia delle Scienze di Tirana (Albania) e con altri centri internazionali di cultura “skipetara”.

Gli stessi “Restauri Linguistici” di Katundi Ynè, i “Quaderni” di Zjarni, di Ljdhia, della Stecom (Calabria), di Mondo Albanese (Sicilia) e di B.C.A. (Basilicata), sono testimonianza del nuovo “rinascimento etnico” dell’eredità civile e spirituale di Giorgio Kastriota (detto Skanderbeg).

 

 

L‘autore ringrazia in particolare gli Uffici Anagrafici e le Amministrazioni Comunali seguenti, per l’indispensabile e puntuale collaborazione, oltre che gli amici di: Potenza, Pisticci, Matera, Venosa, Atella, Rapolla, Rionero in Vulture, Melfi, Terranova del Pollino, Cersosimo, Policoro, San Fele, Lauria, Rotonda, Montemilone, Lagonegro, Lavello, Tricarico e Teana.

 

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I Dati Statistici

 

Dei moltissimi Comuni della regione interpellati abbiamo uno “spaccato” (non globale ed omogeneo) rappresentativo dello “standard” territoriale.

Almeno 3.000 unità alloglotte sono insediate “a pelle di leopardo” in Basilicata in centri “extra-moenia”. Per non contare — almeno in questa fase preliminare dell’indagine — i vari nuclei “Rom” di nostra conoscenza, inseriti nelle realtà amministrative individuate in cantina.

Una vena e propria “diaspora” che, secondo vicende alterne e fatti più o meno contingenti, d’ordine religioso, linguistico, economico, sociale, è presente in regione — virtualmente ed emblematicamente — a far data dal 1628 (epoca della Bolla Vescovile D. Scaglia di Melfi) come anche in: F. E. Pietrafesa “Rionero note storiche e documenti” Ed. Laurenziana di Napoli, 1984.

All’oggi si registrano i primi Dati che lasciamo all’interpretazione “politica”, all’onestà intellettuale, al senso di responsabilità civile di chi governa e di chi ha funzioni e titoli di “animazione” nelle realtà locali.

 

 

Insediamenti Arbèreshe tradizionali

 

I cinque Comuni etnico-linguistici, generalmente noti, sono:

a nord delba Basilicata, Zona del Vulture-Melfese (Maschito, Ginestra, Barile).

a sud del/a Basilicata, Zona del Sarmento (San Paolo Albanese, San Costantino Albanese).

Dalle Tabelle sinottiche raccolte dalla Camera di Commercio di Potenza, in base al Censimento Generale della Popolazione 1981 Istat, si rilevano le seguenti consistenze demografiche: Barile (abitanti 3.531), Ginestra (abitanti 929), Maschito (abitanti 2.100), S. Costantino Albanese (abitanti 1.270), S. Paolo Albanese (abitanti 624).

 

 

Tradizione popolane, artigianato, centri storici Arbèreshe

 

Nei paesi del Sud in genere ed in quelli alloglotti, meglio noti come “etnico-linguistici”, i mestieri antichi, l’artigianato e le attività tradizionali micro-economiche, in base a fonti molto accreditate, segnano il passo; solo il 25% massimo “resisterà” all’ondata tecnologica e di robotizzazione della società italiana e meridionale.

In Basilicata il “trend” è addirittura più vistoso. Oltre la fascia (sempre meno cospicua) di addetti all’agricoltura, cresce il terziario, sono al “livello-soglia” i mestieri tradizionali, alcune riconversioni (per lo più di “stagionali” rientrati dall’estero).

In un quadro di riferimento aggiuntivo sono le attività che — fonte modesta ma diffusa di reddito domestico — si svolgevano in gruppi di conoscenti, familiari, in équipe si direbbe oggi.

Fra queste le attività artigianali di cucito, ricamo, maglieria, strumentistica “povera” ecc. Erano attività che si svolgevano, per lo più, in spazi “aperti” od in stanze larghe ovvero in locali rimediati per l’occorrenza. Oltre agli scopi di un’economia di sopravvivenza avevano — riteniamo — un grosso merito: l’aggregarsi fra più persone del vicinato, la classica “Gjitonìe” e non, dava la possibilità di creare dei circuiti di comunicazione e di osmosi di idee ed esperienze che si saldavano — anche — nei tanti “comparizi”, amicizie franche e, perché no?, di matrimoni fra parenti dei diversi nuclei artigianali.

Oggidì i grossi e medi agglomerati edilizi hanno “frastornato” — evacuandoli in parte — i “centri storici” ed altre “aree di espansione” per travasare gli “inquilini” negli scatoloni che, purtroppo, conosciamo. E la gente ed i loro rapporti amicali, di frequentazione, di collaborazione “tradizionale”, di mutualità nelle piccole e grandi esigenze del quotidiano si sono, in genere, involuti. La dispersione di valori di cooperazione (nel lavoro e nel dopo-lavoro) incrementa, pertanto, diffidenze, indifferenza e scarsità di relazioni sociali anche nei paesi Arbèreshe.

Al contrario, resistono al tempo molti riti tradizionali, le feste patronali, la liturgia bizantina, (vds. San Paolo e San Costantino Albanese), culti popolari arborei (recentemente l’Anspi di Barile ha rivitalizzato “il passaggio della spina” “shkuar nga dnizèt” presso la seicentesca Chiesa agreste di Costantinopoli), lo stesso “Vèllame”, colazione fra comitive in aperta campagna, per la Pasquetta; il dramma “sacro” del Golgota rivissuto con personaggi e spettacolazioni a Barile e Maschito; continua la preparazione casalinga di “tumac me dnudha” nel paese il cui protettore è Sant’Elia durante le grandiose festività in suo onore, oltre che la bella “cavalcata degli Angeli” (in Albanese = Rethnés) davanti alla secolare Chiesa Arbèreshe del Caroseno, in attesa di restauro e di agibilità dopo il sisma dell’80; a Ginestra la devozione per la patrona Mania SS. di Costantinopoli è motivo di richiamo popolane ed anche di frotte di emigrati; a San Paolo Albanese ed a San Costantino (Pz), i due centri caratteristici del Sarmento collegati — dal punto di vista religioso — alla Epanchìa di Lungno (Cosenza), i riti gastronomici dell’uccisione del maiale (vrasje derkut, in Albanese) si rinnovano ogni anno.

Tutte queste iniziative ed altre ancora — per brevità omesse — hanno una forte dose centripeta che cementa i gruppi e le famiglie nelle loro “relations” ed in rapporto alla società regionale.

I melodiosi “Kenga Arbèreshe” del Sarmento sono vivi e carichi di sentimento; e vengono anche “esportati” nei Festivals della Canzone Arbèreshe — quello di San Demetrio Corone è giunto alla 7° Edizione — e riprodotti in stereo-cassette diventano dei veri “cordoni ombelicali” per le decine di migliaia di Arbèreshe sparsi nelle città metropolitane del Nord, come a Roma, Napoli, Bari, Cosenza, Palermo ed all’Estero (in altra parte di questo lavoro — a mò d’esempio — una fresca ed autentica documentazione sugli Arbèreshe dell’Argentina).

Ma dei “Centri Storici” delle comunità Arbèreshe di Basilicata, che dire ancona?

Sullo “Sheshè” barilese, ampiamente, cfn. “Cronache Lucane” dell’8.5.1986. E su quel faticoso ma sereno “tramestìo” collegato a “suoni”, “odori” e “rumori” di animali e strumenti rudimentali, in buona parte soppiantati in nome della tecnologia e del progresso? (Ma non è anche Chernobyl figlia di questa cosiddetta “civiltà moderna”?).

Forse il “Museo della Civiltà Arbèreshe” shènPaliote riuscirà a condensare e riesumare quegli “ambiti” e mettere “la coscienza a posto” ai reggitori della “res pubblica”?

O il Parco del Pollino e (chissà fino a quando il gerundio nel gergo giornalistico) la costituenda Comunità Montana del Pollino, freneranno l’esodo migratorio, il tasso di disoccupazione, la degenerazione — in qualche caso — del patrimonio storico-etno-linguistico o quella nuova forma di “urbanesimo” verso i centri più mercantili, vivaci ed orograficamente “fortunati” del nostro territorio?

 

 

Sintesi

 

Tanti quesiti “diversi” ed “articolati” che la Legge-Quadro a favore delle 12 Minoranze Etnico-Linguistiche d’Italia, in discussione al Parlamento, potrà — finalmente — mettere a nudo!

Andare a “gestire” la Legge-Quadro, chi, come, per farne che e con chi? Questo potrebbe essere il dilemma. Gli Enti Locali, le CC. MM., l’Università di Basilicata, gli I.R.R.S.A.E. i Distretti Scolastici, l’Associazionismo democratico, gli stessi gruppi spontanei, le forze sindacali e politiche, i mass-media, devono “attrezzarsi” ad elaborare in modo “nuovo” ed “aperto”!

 

 

 

GLI “ARBÈRESHE” DELL’ARGENTINA

 

Caro Mazzeo,

nei miei frequenti viaggi per il mondo ho incontrato, molto spesso, persone di discendenza albanese ed in particolare “Arbereshe” che, nei nuovi paesi di adozione, continuavano a mantenere vivi le tradizioni, la lingua e lo spirito delle comunità di origine.

In particolare sono rimasto profondamente colpito dalla comunità “Arbéreshe”di Buenos-Aires, che ho avuto modo di “scoprire”e di conoscere nei mesi scorsi.

Tra emigrati, loro figli e nipoti, la comunità di Buenos-Aires supera le 25 mila unità.

Arrivati in gran parte dalla Calabria, Sicilia e Basilicata nel 2° dopo-guerra gli “Arbèreshe”sono tuttora animati da un profondo senso comunitario: mantengono rapporti stretti con i paesi di origine, rispettano le tradizioni, parlano e cantano in albanese, allargano e consolidano l’amicizia tra di loro, non perdono occasione per ritrovarsi tutti insieme a festeggiare gli avvenimenti e le date più significative, grande e vivo è lo spirito di solidarietà.

L’idea di un circolo “Arbèreshe”partita inizialmente da un piccolo gruppo di Frascineto, si è sviluppata e concretizzata con il coinvolgimento di emigrati Calabresi e Lucani.

Ora la Comunità dispone del suo circolo, ha eletto i suoi dirigenti e punta sull’obiettivo ambizioso di costruire la “Casa degli Arbèreshe” di Buenos-Aires.

I Dirigenti del circolo sono già alla ricerca di un suolo nel centro della capitale, hanno interessato anche la chiesa di rito greco-ortodosso ed è stata lanciata la sottoscrizione dei fondi necessari.

Sono obiettivi ambiziosi ma realizzabili a queste condizioni:

- che l’entusiasmo dei Dirigenti, tutti politicamente legati ai partiti democratici, si estenda alla gran massa della Comunità;

- che anche le istituzioni regionali del nostro Paese intervengano per sostenerli. Le nostre istituzioni già nel passato sono intervenute nei paesi di emigrazione Italiana per sostenere l’apertura di circoli e la costituzione di associazioni regionali, si sono stabiliti rapporti regolari tra Consigli Regionali e le rispettive associazioni all’estero con visite ed incontri, nei bilanci regionali sono regolarmente stanziati i fondi per l’attività di emigrazione.

Se questo avviene già per l’Associazione Calabrese, o Sarda, o Friulana, o Lucana, perché non deve avvenire anche per le minoranze etniche di queste regioni?

D’altra parte gli Arbèreshe si rendono conto che senza un centro organizzato di attività, di cultura, di direzione e di orientamento, non è possibile mantenere viva e vitale una comunità in una città di oltre 10 milioni di abitanti. Senza un centro unificatore i giovani vengono travolti dall’ambiente esterno, i fatti di tradizione e di lingua si attenuano sempre di più, la comunità si sgretola e rimane solo l’amore struggente dei vecchi per la loro patria di origine.

Di ciò devono rendersi conto anche le istituzioni regionali, lo stesso governo nazionale e anche noi “Arbèreshe” d’Italia.

Il messaggio che i nostri compatrioti mi hanno consegnato è proprio quello di far conoscere a tutti il loro nuovo impegno ad invitare gli Arbéreshe d’Italia a sostenerli stabilmente con loro rapporti culturali, con reciproche informazioni e visite, a stimolare le Regioni di Basilicata, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Molise e Puglia ad appoggiare la loro iniziativa.

 

On. Donato Scutari      

 

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