Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"
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Occorreva acqua, latte, pane: generi di prima necessità per gli
operai sottoposti ogni giorno alla prova di forza del coliche,
il duro strato di roccia grezza che imprigionava il prezioso
salnitro. E i lucani si organizzarono per la distribuzione
dell’acqua, del latte, del pane. Altri italiani si ingegnavano a
vendere ghiaccio e bibite gasate. Attività precarie, se è vero che
tutti hanno dovuto, prima o poi, cambiare mestiere, soprattutto in
coincidenza delle gravi crisi dei nitrati. Come nel 1933: “E’
stato un momento difficile per il lavoro. Mio padre andò in Perù per
cinque anni. Ma non fu buona cosa. Abbiamo perduto due proprietà”
(Iris Di Caro).
L’acqua a Iquique arrivava da Arica con le navi cisterne. Qui veniva
raccolta in serbatoi e distribuita dai venditori casa per casa.
Questo è stato per qualche mese il primo mestiere di Francesco
La Sala, arrivato all’inizio del secolo, nel 1911. Poi andò a
vendere il pane; infine, dal 1918 (quando sposò Berta) si unì
ad altri tre compaesani e insieme presero in gestione un panificio.
Racconta il figlio: “Mio padre incominciò con un panificio in un
rione povero. Dopo ne comprò uno in centro che diventò il più
moderno e grande della città. Il lavoro della panetteria allora
richiedeva grande dedizione e sacrificio. Si trattava di un lavoro
di 18-20 ore a! giorno, senza domeniche né altri giorni festivi. Il
lavoro si svolgeva soprattutto di notte.”
Un lavoro che va bene diventa presto un’occasione anche per parenti
e conoscenti che sono rimasti in Basilicata a fare una vita grama.
Così si formano le forti comunità di compaesani all’estero e interi
paesi si ‘sdoppiano’ altrove. “Mio padre — continua Francesco
— quando raggiunse una certa stabilità aiutò molti parenti e
compaesani. Fece venire dall'Italia tre nipoti, Silvestro, Luigi
e Federico La Sala. Ad altri procurò comunque del lavora “.
Anche per Domenico Tamburrino73,
arrivato a Iquique nel 1906 furono i compaesani a trovare lavoro
come distributore di pane; in seguito, nel ‘14, tentò la fortuna
nella vicina Tacna, a nord di Arica, ma quando Taena divenne
peruviana tornò a Iquique e aprì una panetteria.
Erano venditori d’acqua, latte e pane74
Vittorio e Canio Sciaraffia (1903), Gerardo Petruzzi (1930),
Benedetto Napoli (1900), Donato Lancellotti (1916), Gerardo
Baccelliere (1910).
Un
Gerardo Baccellieri75
(1900)
gestì dal 1918 il negozio “La piedra “.
Altre storie significative sono quelle di Michele Viola Pisani,
Michele Avigliano Saluzzi, Vito Carcuro Sannella e altri, che
riporteremo più
73 In Cile è registrato come Tamborino: Oppido 1879 — lquique 1946.
Notizie riferite dalla nipote Edda Tamborino.
74
Tra parentesi l’anno dell’arrivo in Cile. 75 Oppure Baccilleri, secondo le trascrizioni. E’ probabile si tratti del medesimo che risulta partito dalla Basilicata nel 1865. v. appendice.
Donato Daponte (1919) vendeva il pane “a cavallo”; Salvatore
Viola Pisani (1959) lo distribuiva col carretto: aveva 17 anni,
era il suo primo lavoro nella panetteria dello zio Donato e,
per aspirare ad altro, studiava di notte. Così racconta sua figlia
Valeria Viola: “Mio padre nacque a Oppido Lucano il 16 febbraio 1942. Penultimo di sette fratelli, era quello con maggiore propensione allo studio. Sua madre avrebbe desiderato mandarlo in seminario perché diventasse sacerdote, ma al momento di entrarci, lui si rese conto che un giorno avrebbe voluto sposarsi e formare una famiglia. Sua madre per poco non ebbe un infarto.
A 17 anni si imbarcò solo verso l’America. Il viaggio non gli parve
spaventoso né triste, al contrario, per lui era tutta un’avventura,
una opportunità di saziare la sua curiosità. Arrivò al porto di
Valparaíso e da lì proseguì via terra per Iquique. Lungo il cammino
rimase impressionato dall’immenso deserto; mai avrebbe immaginato di
venire a vivere in uno dei luoghi più desolati del mondo. Qui lo
aspettava suo fratello Gaetano che già lavorava con suo zio
Donato
Pisani, il quale era proprietario della panetteria “Modelo”. Fu qui
che mio padre trovò il suo primo lavoro come distributore di pane
col carretto. Imparò rapidamente a parlare spagnolo, poiché studiò
dapprima presso un istituto linguistico e poi all’istituto
commerciale notturno [serale?].
Più tardi i due fratelli divennero soci dello zio e aprirono la
panetteria “Central”. In quel periodo mio padre andò in Bolivia con
un gruppo di imprenditori di Iquique per conto della municipalità;
all’Università avrebbe dovuto parlare qualche rappresentante dei
panettieri, e siccome fra questi era l’unico ‘rosso’, lo fece lui..
Ciò lo rese popolare tra gli universitari, a cui aveva fatto una
buona impressione.”
Giuliano Gigante76,
contadino oppidese arrivato in Cile nel ‘26, ebbe l’intuizione di
trasferire lì la sua competenza tipicamente italiana, e avviò la
lavorazione della pasta fresca: ravioli, fettuccine,
spaghetti. Ebbe successo e in breve divenne “empresario
panificador”. La crisi economica successiva, insieme a un grave
lutto per la perdita del figlio minore, lo mandò in rovina e
vendette tutto. In quel periodo fu aiutato da amici cileni, finché
recuperò una normalità di vita e con essa il lavoro.
I lucani hanno svolto anche altre attività ‘di servizio’.
Giovanni
Schettini, 62 anni, di famiglia lagonegrese, ha fatto il
commerciante, prima come dipendente, poi in proprio con la madre e
il fratello nei settori dei tessuti e della ferramenta. Suo è il
negozio “EI Tigre”, in città. E’ tornato in Basilicata nell’85 e ne
ha riportato un’immagine sostanzialmente positiva, tranne che per il
lavoro: i suoi cugini sono disoccupati, mentre a Iquique il tasso di
disoccupazione è prossima allo zero (v. scheda VI).
Nel commercio, piccolo e di generi vari, spesso cambiati in
successione a seconda delle esigenze, hanno lavorato anche le
famiglie oppidesi di Evangelista Caronna (1923),
Guglielmucci Daponte e Lioi (1950);
Donato Giannone Cistarelli (1905), Rocco Lancellotti (1926),
Nicola Schettini (1932), Canio Sciaraffta padre (1903; il
figlio porta lo stesso nome); i Lioi Lancellotti (nati in
Cile, commercianti in tessuti); Pepe Paiumbo e Lancellotti Matino
(1903);
Paolo Di Caro De Rosa (1893, parrucchiere e profumiere) e don
Vito Carcuro, iquiquenño di origini genzanesi.
Una singolare attività è la cocheria. A Iquique, in Colle
Zegers al numero 1721 c’è la Cocheria “Saluzzi”, fondata
da Domenico Saluzzi nel 1916. Un maneggio di oltre quaranta
cavalli selezionati in grado di prestare servizio pubblico e
privato. A gestirlo oggi sono i nipoti Saluzzi-Merenda che
sottolineano con orgoglio la “bella figura di carrozze e
cocchieri alle feste di matrimonio”.
Benedetto Napoli, di cui abbiamo più volte riferito, cominciò a
lavorare come “scarpaia” (ci dice il figlio Canio), prima di
avviare anch’egli la vendita del latte, nella lecheria “La
Hacienda” di
Antonio Sciaraffia. La lecheria contava 220 vacche che
producevano più di tremila litri di latte al giorno.
Un’altra
lecheria lucana è stata “Los cuatro banderas”, aperta nel
1914 da Antonio Daponte, arrivato nel 1908.
Il mestiere di “calzolaio” si registra più frequentemente tra i
lagonegresi.
Vincenzo Belardi arrivò in Cile da Lagonegro nel 1925 per
raggiungere lo zio materno che gli offriva un’opportunità nella sua
fabbrica di scarpe. Il biglietto glielo pagarono tutti i familiari.
Anche suo figlio Nunzio, nato a Iquique e oggi quasi
settantenne, una volta cresciuto aiutò il padre come calzolaio,
prima di trovare un impiego negli uffici delle ferrovie cilene. E
calzolai furono pure Nicola Schettini (1932), padre di
Juan e nonno di Mariella, ventottenne iquiqueña.
Nicola, contadino, arrivò con la moglie nel ‘32 chiamato dal
fratello Biagio.
La nonna non nascondeva di soffrire molto per l’adattamento in un
paese lontano e desolato. Per questo cercò un’occupazione e la trovò
nel settore tessile. I figli, come Pasquale, e i nipoti, come
Mariella, pur essendo nati a Iquique hanno conservato la doppia
cittadinanza77.
Pasquale è tornato a Lagonegro 15 anni fa per conoscere o rivedere i
familiari. Mariella oggi è impiegata alle linee aeree della
LanChile.
Ha frequentato la scuola italiana di Santiago ed è innamorata
dell’Italia e della Basilicata, che ha visto una sola volta, due
anni fa, e per lei rappresenta un mito.
76 N. Oppido 1895. Testimonianza di Rosa Giganti Greco, una delle cinque figlie, nata a Iquique. 77 E’ doveroso segnalare che, per quanto riguarda la cittadinanza, quasi tutti si sono espressi nei termini di una opzione di fronte a cui si sono trovati, prima o poi. Molti hanno rinunciato a lavori statali pur di mantenere la cittadinanza italiana (D. Martiniello, A. Inserrato). In ogni caso gli italiani oggi esercitano il diritto di voto a tutti i livelli, sia per le elezioni amministrative che politiche. La limitazione per chi non possegga la cittadinanza cilena, riguarda le candidature. |
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